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Giovedì 15 Ottobre 2009 - Libertà

L'autrice e conduttrice della trasmissione "Era Glaciale" ha presentato il suo libro "Non vi lascerò orfani", cronaca di ricordi d'infanzia

Daria la Glaciale, la Barbarica, Daria la coraggiosa che recensiva libri in tv nel programma A tutto volume; che scavava temi di costume inesplorati nel talk Tempi moderni; la prima a tuffarsi nel reality per antonomasia, Il grande fratello. Niente di tutto questo, o meglio: questo e molto altro l'altra sera, alla presentazione del suo libro autobiografico all'Auditorium della Fondazione di Piacenza e Vigevano, appuntamento organizzato in collaborazione con la libreria Fahrenheit 451. Un incontro d'autore in cui Daria Bignardi si è ritrovata al tempo stesso figlia e madre, ma soprattutto donna che non ha mai smesso di provare i sentimenti di figlia.
Non vi lascerò orfani è la sua opera prima, un racconto di vita e di morte (quella della madre) ma soprattutto una lunga storia di infanzia e adolescenza, di una famiglia, la sua, in una Ferrara bassaniana tra la fine degli anni Sessanta e I Settanta. Un viaggio nel tempo, un lunghissimo flashback alla ricerca di radici lontane, abbandonate a 23 anni per trasferirsi a Milano, vuoi per ribellione o, più semplicemente, per l'impossibilità di diventare professionalmente adulta in una città piccola, provinciale. Perché Ferrara è un po' Piacenza. Queste terre impastate di nebbia, di fiume, di pianure infinite si assomigliano. Soprattutto in quegli anni lontani quando i riti domenicali erano sacri con l'anolino in tavola e la messa in tarda mattinata e le vacanze, un lungo viaggio alla scoperta delle tradizioni di famiglia nella casa di campagna.
Non vi lascerò orfani ha preso forma e corpo quando il direttore di Vanity Fair, il mensile con cui Daria Bignardi collabora, le ha chiesto di scrivere un articolo di ricordi personali a pochi giorni dalla scomparsa della madre. «Un racconto che volevo scrivere da tempo - ha aggiunto - desideravo dipingere la mia vita attraverso gli aneddoti della mia famiglia, molto normale e straordinariamente pazza allo stesso tempo. La morte di mia madre mi ha messo dinanzi a me stessa, a ciò che ero e a quel che sono».
Ad ascoltarla, sollecitata dalle domande di Caterina Caravaggi, un pubblico folto che forse si aspettava qualche rimando "barbarico" o "glaciale", perché Daria è personaggio televisivo e le interviste sono il suo pezzo forte, ma la Bignardi non ha concesso nulla al gossip, alla curiosità (legittima) dei presenti. Ha proseguito sull'onda di un libro che è come un figlio. Leggendo questo romanzo Daria appare rassicurante e addirittura tenera nell'aprire il cassetto dei suoi ricordi e delle confidenze. Questo libro-confessione è un piccolo caso letterario, ha infatti ottenuto il premio "Elsa Morante" per la narrativa: «Ho saputo del premio mentre stavo facendo il bucato. Ho un imprinting materno per cui sono portata alla critica e all'autocritica, m'imbarazzo di fronte ai complimenti». E poi il racconto sulla madre, bella e colta (una latinista di levatura), ma anche malata di un'ansia ossessiva che impediva una vita fatta di relazioni comuni: «Il nostro è stato un rapporto litigioso, basato sul pessimismo, mia madre stentava a vivere e a gioire dei miei traguardi - ha commentato - anche questa era, a suo modo, una forma di amore. Non mi sento orfana, ma ricca dell'amore, seppur prepotente, che mia madre mi ha dato».
Il libro è un dolce amarcord: ci sono luoghi dell'infanzia, la Ferrara nebbiosa e le campagne bolognesi, i ricordi che si fanno memoria coi personaggi dell'infanzia: lo zio Santo, il gatto Micione, il tutto in un lessico familiare, fatto di espressioni cui la memoria si aggrappa per superare l'oblio. «Mia figlia Emilia ha 5 anni ma già usa quelle espressioni tipiche della nostra famiglia, un linguaggio in codice che rende vivo il ricordo».
L'incontro è stato l'occasione per accennare all'attualità, alla libertà di stampa: «L'informazione è libera, - ha detto - la libertà c'è, il problema oggi è il clima culturale. Nessuno ordina di non dire, ma si ha paura, manca la dignità di commentare fatti ed eventi con coerenza e senza vergognarsi. Spesso il giornalismo asseconda le mode; oggi parliamo tanto di informazione e abuso del corpo delle donne, così come pochi mesi fa si parlava dei pitbull assassini. Troppi luoghi comuni, troppa superficialità». Ma incalzata da altre digressioni che non hanno a che fare con libro, Daria si è tirata indietro, si è fatta "barbarica" e si è rintanata nel passato, nelle stoviglie color nostalgia di gucciniana memoria: il luogo della gioia, dell'infanzia con la lettura di alcuni brani del suo libro.

di MAURO MOLINAROLI

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