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Mercoledì 21 Ottobre 2009 - Libertà

Alberto Reggiani, medico senza frontiere

Il chirurgo-urologo in Fondazione a Piacenza con il suo libro "L'albero di Ippocrate"

piacenza - Un libro spesso racchiude una vita. E L'albero di Ippocrate di Alberto Reggiani, è il cerchio che si chiude attorno a un'esistenza dedicata al mestiere di chirurgo-urologo, che il professor Reggiani ha svolto con passione e con dedizione. Quarant'anni vissuti intensamente nel rapporto coi pazienti, coi primi trapianti di rene effettuati verso la fine degli anni Sessanta. E poi l'evoluzione della professione, le grandi domande, il ruolo del medico, l'etica, la laicità. Insomma, il bisogno e la necessità di essere "medici senza frontiere", nel senso di sentirsi a posto con la propria coscienza e di interpretare gli aspetti più significativi della professione, è emerso ieri sera alla Fondazione, perché più che della presentazione del libro che Reggiani ha scritto, Cristina Piacenza ed Eugenio Gazzola, coordinati dal direttore di Libertà Gaetano Rizzuto, hanno ripercorso le tappe più significative di un medico, Reggiani, della sua esperienza a contatto non solo con i malati, ma anche con chi li accompagna, con persone che possono essere di altri Paesi e altre culture.
Cristina Piacenza ha sottolineato la grande umanità e l'orgoglio della laicità presenti nelle pagine del libro, mentre Gazzola, oltre che ribadire la necessaria laicità del medico, ha evidenziato come i concetti di sofferenza e morte siano componenti essenziali della coscienza medica. Reggiani ha sottolineato come il chirurgo sia a modo suo artigiano anche se l'alta tecnologia possa far pensare al contrario.
E allora, leggendo le pagine del libro, si avverte che in Reggiani è presente una vocazione a confrontarsi con diversi modi di vita - opinioni etiche, religiose, legislazioni dei vari paesi - e un modo di intendere la professione che deve essere svolta nel pieno rispetto delle scelte altrui. «Questo libro - è stato detto - rappresenta un punto fermo per l'autore, perché espone la sua esperienza non solo dal punto di vista scientifico ma da quello professionale, sociale ed umano». Reggiani ha alle spalle quarant'anni di attività e di vita universitaria, ospedaliera e con qualche sporadico ma intenso momento africano. Si è formato presso la Clinica Chirurgica e Urologica dell'Università di Bologna. Ha diretto l'Unità Operativa di Urologia dell'Arcispedale Sant'Anna di Ferrara e, richiamato a Bologna, ha diretto il Dipartimento di Nefrologia e Urologia del Policlinico Sant'Orsola-Malpighi.
«Sentivo il bisogno di fare il punto sulla mia professione, dopo quarant'anni, di fotografare la mia esistenza professionale - ha detto - questo libro è un percorso e un viaggio con me stesso. Nel mio itinerario professionale c'è stato un costante confronto con la vita, che ha stimolato pensieri, riflessioni, che ho nella mente». L'evoluzione tecnologica in medicina, a volte fa perdere la memoria, il senso del tempo. Ma la memoria non è la conoscenza sterile del passato, è il ricordo e il racconto di ciò che abbiamo vissuto e di quel che ha vissuto il professor Reggiani, tra esperienze e stati d'animo, mutamenti e situazioni tra loro differenti. E la memoria è alla base di questo libro. «Quando si è medici - ha concluso - i ricordi diventano una storia personale, che vuole ricordare e raccontare i momenti, i casi, le situazioni sociali, ambientali, etiche in cui la medicina ha dovuto e deve fare i conti con la vita». E i conti con se stessi in relazione con gli altri, come il professor Reggiani ha fatto con sincerità e umiltà anche ieri sera davanti al pubblico piacentino.

Mauro Molinaroli

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