Mercoledì 28 Ottobre 2009 - Libertà
Erasmo, l'utopia della pace
Gruppo di studiosi a confronto sull'opera dell'umanista
piacenza - A 500 anni dalla pubblicazione l'Elogio della follia di Erasmo da Rotterdam fa ancora parlare di sé. All'auditorium della Fondazione di Piacenza e Vigevano un gruppo di studiosi si è confrontato con l'opera dell'umanista, nel corso della giornata di studi di "Lezioni Letture". La rassegna, organizzata dalla Fondazione ed ideata da Daniele Bonelli, Attilio Finetti e Franco Toscani, docenti rispettivamente dei licei "Respighi", "Gioia" e "Colombini", ha contemplato un unico appuntamento, "Erasmo e l'utopia della pace", che ha visto confrontarsi Achille Olivieri dell'università di Padova, Paolo Ricca del Pontificio Ateneo Sant'Anselmo di Roma, Silvana Seidel Menchi (assente, ma di cui è stato letto un intervento) dell'università di Pisa ed Eugenio Garin.
L'Elogio della follia va ad toccare le ideologie novecentesche della democrazia, trattata da Norberto Bobbio, e la discussione portata avanti da Gramsci nei Quaderni del carcere: si delinea l'attualità di Erasmo, che Olivieri spiega partendo dalla polemica con la tradizione aristotelica: «Erasmo sviluppa un'idea della comunità civile cioè umana: propone così un uomo poeta creatore e il passaggio ad una concezione di sapere storico che è intimamente umano». Da qui ecco "l'atopia", che Erasmo riprende dal metodo socratico e dai Frammenti morali di Democrito: nell'atopia la saggezza, essa stessa forma di follia, si contrappone alla quotidianità. Si avvia così una discussione sui principi di una nuova società, espressa nella Lettera a John Sixtie e basata sulla scomparsa dell'uomo immagine di Caino e sull'ideologia dell'aequalitas.
«Il principio dell'uguaglianza è poi sviluppato nell'Utopia di Tommaso Moro, con cui Erasmo avvia un confronto», aggiunge Olivieri. L'utopismo di Erasmo si inquadra nella riforma dello stato e della corte moderna attraverso i principi dell'equità e dell'aequalitas; conclude Olivieri: «Il passaggio successivo è l'approdo al libertinismo utopico, come arte della politica: Erasmo, Moro, John Colet e Ludovico Vives si incontrano nel 1520 per preparare un Manifesto riformatore politico sociale europeo».
Che l'Elogio della follia sia stato per più di 200 anni una lettura illecita non deve stupire: l'intervento della Seidel Menchi lo spiega nell'analisi dei tre registri dell'opera: «La follia è intesa prima come forza primigenia che manda avanti l'umanità, poi come stoltezza ed infine quale follia della croce, che riprende fedelmente il primo capitolo della Lettera ai Corinti di San Paolo».
"Erasmo e Lutero" è invece l'argomento trattato da Ricca: «I rapporti tra i due furono inizialmente positivi sul piano delle bone litterae, cioè sul ritorno alle fonti bibliche - spiega il teologo -, nel 1516 Erasmo cura la prima edizione critica del Nuovo Testamento sulla base degli originali greci. La situazione cambia quando Erasmo si rende conto che la riforma di Lutero coinvolge anche il dogma, le dottrine tradizionali del cristianesimo medioevale: Erasmo non osa contraddire la struttura della chiesa. Non attaccherebbe neppure Lutero di sua iniziativa, se non fosse sollecitato da Enrico VIII, Giorgio V di Sassonia e papa Adriano VI: nasce così il libro De libero arbitrio in opposizione al "servo arbitrio" luterano».
Ma c'è anche un'altra opera di Erasmo particolarmente conosciuta: il libello Dulce bellum inexpertis del 1515, da cui Garin parte per dimostrare l'avversione dell'umanista verso la guerra.
Betty Paraboschi