Mercoledì 28 Ottobre 2009 - Libertà
Quei genitori "serpenti": così Verdi li mise in musica
Successo in Fondazione per il secondo incontro del ciclo curato dal musicologo Landini per gli Amici della Lirica
I protagonisti. Da sinistra: Cosimo, Servile, Rizzi, Gottardo e Landinifoto Cravedi
piacenza - Piacenza di nuovo conquistata dal Trovatore. È un applauso prolungato e scrosciante quello che ha accolto il baritono Roberto Servile, il soprano Angela Gottardo, il mezzosoprano Lucia Rizzi ed il tenore Oreste Cosimo al termine della loro performance basata su alcuni brani tratti dal Trovatore e da altre opere verdiane: il dramma di Azucena è uno di quelli che vede i figli contrapposti ai genitori in uno scontro generazionale senza esclusione di colpi. Il tema, trattato dal docente Giancarlo Landini nell'ambito del ciclo Il castello dei destini incrociati organizzato dagli Amici della Lirica, ha contemplato stavolta il caso di quei padri che per la strenua difesa del loro onore e della famiglia provocano la rovina delle figlie con interventi distruttivi. Non sei mia figlia è intitolato il secondo appuntamento della rassegna, svoltasi nell'Auditorium della Fondazione di Piacenza e Vigevano: «Attraverso l'analisi di alcune opere, da I Lombardi alla prima Crociata e Giovanna d'Arco fino alla Traviata, scopriremo il ruolo della paternità non solo nella produzione verdiana, ma anche nella vita del compositore, che fu padre naturale e tutore di altri figli» ha spiegato Landini all'inizio dell'incontro. Ed in effetti nelle tragiche vicende delle opere si legge in controluce, a volte neppure troppo velatamente, la conflittualità e il dramma che più di una volta Verdi visse sia nel suo rapporto col padre Carlo, sia verso i figli: difficile non riconoscere nella durezza che avvolge il personaggio di Don Carlo di Vargas ne La forza del destino la medesima intransigenza che il "Cigno di Busseto" dimostrò spesso verso il genitore. Don Carlo si sostituisce veramente al padre ucciso per un tragico sbaglio e nel suo rigoroso livore non ha pietà per la sorella Leonora che alla fine invoca vanamente Pace, pace mio Dio; quella pace non giungerà tra Carlo Verdi ed il figlio, che nel 1851 scrive chiaramente: «Io intendo essere diviso da mio padre, in casa e in affari».
La storia narrata in Aida, con il brutale ricatto del padre Amonasro che arriva a fare un'inaudita violenza psicologica alla figlia, è torbida quanto una reale vicenda accaduta in casa Verdi nel 1898: una morte improvvisa e misteriosa, quella di una giovane cameriera colpita erroneamente da un colpo partito dal fucile abbandonato su un tavolo dal nipote di Verdi. Il ragazzo sarà prima condannato e poi graziato, ma l'episodio continuerà a suscitare dibattiti e alimentare pettegolezzi: sarà Verdi a cercare di zittire le voci, cercando di proteggere la dignità di tutti. Nella Traviata Violetta si comporta come una signora, ma mai viene difesa in modo veemente da Alfredo; diverso è invece l'atteggiamento di Verdi, particolarmente duro nel condannare la freddezza di Antonio Barezzi verso la Strepponi.
Verdi rivive dunque nelle vicende misteriose delle sue opere.
Betty Paraboschi