Sabato 31 Ottobre 2009 - Libertà
«Vi racconto la delinquenza nel Nord Est»
Carlotto, l'11 novembre in Fondazione con l'ultimo romanzo "L'amore del bandito"
Massimo Carlotto e alcuni libri che ti restano dentro. Il fuggiasco, ad esempio, il suo primo romanzo, la sua storia in anni lontani. Un omicidio mai commesso e la fuga. E poi Arrivederci amore ciao, un libro che si legge in un paio d'ore tenendoti con il fiato sospeso da cui è stato tratto il film omonimo, con Isabella Ferrari, Alessio Boni e Michele Placido. Ma ancora Nordest, La terra della mia anima. Da pochi giorni è uscito nelle librerie italiane il suo ultimo lavoro, L'amore del bandito (E/O); chapeau (!) per questo noir che cattura il lettore, per l'ambientazione, il Nordest, i personaggi, l'Alligatore e Beniamono Rossini e per una storia che, metaforicamente, si riallaccia al passato dell'autore. Carlotto, ex militante di Lotta Continua, ha intrecciato la propria vita in modo incredibile e straordinario al tempo stesso, con l'anima divisa in due: l'impegno politico, un omicidio mai commesso, la latitanza, la riabilitazione e la letteratura. Oggi vive in Sardegna, ma in lui c'è un'anima piacentina: Grazia Cherchi. A proposito: Carlotto sarà all'Auditorium della Fondazione di Piacenza e Vigevano l'11 novembre, nell'ambito di un'iniziativa promossa dalla libreria "Fahrenheit 451" per presentare questo romanzo. L'incontro s'intitola "Due autori a confronto" e insieme al popolare scrittore veneto, ci sarà Fulvio Ervas, Buffalo Bill a Venezia (Marcos Y Marcos), autore che naviga nelle acque del noir e del giallo in una città che ha fatto dell'acqua la sua storia: Venezia.
E' soddisfatto di questa nuova fatica letteraria?
«Ho scritto un romanzo, L'amore del bandito, coi personaggi che spesso sono stati protagonisti dei miei precedenti libri, l'Alligatore e Beniamino Rossini. Con quest'ultimo ci conoscemmo in carcere: abbiamo mantenuto i rapporti, girava con le copie dei miei libri, dicendo fiero che si parlava di lui. Un giorno è arrivato dicendomi che era malato di cancro, e che dovevo scrivere la storia della sua vita. E' rimasto a casa mia dieci giorni, e ne è nato il racconto di un uomo a modo suo straordinario. Negli ultimi anni aveva cambiato vita: era dirigente di una squadra di calcio. E' morto nel maggio dello scorso anno».
Una storia noir, la sua, che mette insieme la malavita di casa nostra e la criminalità organizzata dell'ex Jugoslavia, con uno spietato ritratto del Nordest.
«E' vero, si tratta di una storia che parte dal 2004, quando dall'Istituto di medicina legale dell'Università di Padova spariscono almeno 44 chili di sostanze stupefacenti e la criminalità organizzata vuole riuscire a metterci sopra le mani, mentre le indagini della Polizia vengono insabbiate, più che abbandonate. L'Alligatore riceve a quel punto un'offerta che non si può rifiutare per scoprire qualcosa su quella preziosa refurtiva. Per non finire nei guai interviene con le sue "intemperanze" lo spietato Beniamino. Due anni dopo la donna di quest'ultimo, la bella ballerina franco-algerina Sylvie, scompare. Il duro Rossini, colpito al cuore, la cerca con gli amici per tutto il Nordest, ma senza arrivare a nulla. Proprio a nulla no, visto che ben presto capiscono che hanno un nemico potente e sconosciuto alle calcagna e che con lui è possibile solo una lotta mortale, che vada a chiudere i conti rimasti aperti nel passato, visto che tutte le regole della malavita di un tempo non valgono più. Quindi si arriva ai nostri giorni e, nel 2009, quel duello fatto di ricatti, agguati, sfide spietate».
Quanto c'è di reale in questa storia?
«Un Nordest che è invivibile, tra criminalità organizzata e una delinquenza che fa paura. E poi la mafia serba, i kosovari. Non è semplice vivere da quelle parti e la storia scritta nel libro prende spunto dalle tante tragedie che ogni giorno avvengono in città borderline come Padova, Verona e tanti piccoli centri del Veneto leghista. Anche Sylvie, la ballerina è un personaggio realmente esistito. A un certo punto della sua vita è stata compagna di Rossini. E poi la suggestione delle escort, che da quelle parti, rappresentano un contorno non trascurabile della vita di ogni giorno. Una realtà diversa da altre, in cui la voglia di sicurezza e le ronde, vanno a colpire i poveri diavoli, la microdelinquenza, mentre i grandi manovratori prosperano coi loro affari, con lo spaccio di cocaina e altri loschi traffici».
La violenza è un tema molto presente nelle sue opere ma stavolta lo affronta di petto. Mafie, soprusi. Storie pesanti che di un mondo spesso deviato.
«Già nel mio primo romanzo, Il fuggiasco raccontava la realtà in un libro fondamentalmente autobiografico, i miei noir molto spesso nascono da un'inchiesta giornalistica, un'indagine e una ricerca che viene poi trasfusa, filtrata e entra a far parte di una creazione romanzesca. Anche perché, spesso, di quel che si scopre non è facile avere le prove e, allora, farne un'opera di narrativa serve da elemento di denuncia».
Nei suoi romanzi non mancano mai i riferimenti musicali, perché c'è sempre una canzone che funge da colonna sonora dei suoi libri?
«Perché le canzoni sono importanti frammenti di vita. In uno dei miei precedenti romanzi, La terra della mia anima erano i brani di Ricky Gianco. In altri libri c'erano canzoni leggere, ma ricche di significato. Penso a Insieme a te non ci sto più e tante altre. La musica fa parte della nostra vita, è una piacevole compagna di viaggio».
MAURO MOLINAROLI