Domenica 4 Ottobre 2009 - Libertà
La giornalista e conduttrice de "L'era glaciale" sarà a Piacenza la sera del 13 ottobre in Fondazione per presentare "Non vi lascerò orfani"
Leggendo Non vi lascerò orfani (Mondadori) di Daria Bignardi, che sarà ospite all'auditorium della Fondazione martedì 13 ottobre alle 21, un'iniziativa in collaborazione con la Libreria Farhenheit 451, ti accorgi che ci sarebbero tutti i presupposti per un romanzo: c'è una provincia, Ferrara, che attraversa più generazioni, ci sono personaggi legati alle storie ferraresi tanto care a Bassani, c'è soprattutto la famiglia di Daria.
Nonostante le premesse, la conduttrice de L'era glaciale, da giornalista e narratrice della realtà e della verità piuttosto che della finzione, ricostruisce, con lo stile fluido che caratterizza le sue brevi pennellate, la storia di una vita, la sua e quella delle persone che le sono accanto. Inoltre, durante l'intervista, c'è un senso di appartenenza sincero, forse perché Ferrara e Piacenza hanno molte cose in comune, oppure perché la Bignardi con le sue Invasioni barbariche e con il suo sorriso accattivante potrebbe essere una di noi, un'amica più giovane, la persona cui confidare una gioia, un dolore o una delusione.
C'è molta Ferrara nel suo libro, la città di Bassani, con quelle storie che riaffiorano da un passato lontano, con quel suo essere città provinciale e materna.
«Ferrara, ma così penso anche di Piacenza, non può che trasmettere a molti, suggestione e fascino. In questo mio libro c'è anche un'intera Italia di provincia fra i Sessanta e i Settanta, ancora in cerca di un'identità o che forse sapeva fin troppo bene chi era. La mia era una città piccolo borghese, che ha mantenuto certe tradizioni, anche se, da queste parti, molte cose sono cambiate, come nel resto del Paese. Eravamo, io e la mia famiglia, piccolo-borghesi di città. Ci trasformavamo in signorotti di campagna durante le trasferte del weekend nella villa di famiglia».
Lei ha scritto un libro intenso, profondo, scritto con un'agilità che potrebbe sembrare quasi noncuranza, ma che in realtà si rivela essere levità e candore.
«E' scritto "senza guardare", come tutte le cose che mia madre - vera protagonista assoluta del libro - faceva d'istinto ma che riuscivano miracolosamente bene. Mia madre Giannarosa, detta "la Generosa", è appunto la figura chiave di queste memorie che si dipanano dal momento dalla sua scomparsa avvenuta l'anno scorso e che arrivano a ricostruire un mondo che in parte non c'è più, un mondo fatto di relazioni vere e immediate, di famiglie grandi e intrecciate, di scorci di provincia e di campagna che danno nostalgia e fanno tenerezza, simpatia. Quel mondo mi appartiene, è parte di me. Me ne sono andata da Ferrara a 23 anni, ma quelle terre sono il mio Dna, la mia isola non trovata, un porto sicuro, un rifugio importante».
In quelle pagine c'è una sfilata di volti e di personaggi, una sorta di album fotografico.
«Sono fotografie in bianco e nero, ingiallite ma sempre testimoni di un tempo che poi, in parte, è stato il mio tempo: i bisnonni, i nonni, le varie zie, i gatti, qualche antenato di origine nobiliare e perfino un santo. Tutti con le loro caratteristiche più o meno buffe, più o meno incredibili. Ma poi c'è soprattutto mio padre Vico che faceva da contraltare a una donna particolare, autoritaria e controllata, ma anche fragile e straordinaria come mia madre. Mio padre esercitava molto fascino, forse era sfuggente, dalla giovinezza irrequieta e avventurosa; fra i due, da giovani e durante la guerra, fu subito vero amore, passione sentimentale improvvisa e irrefrenabile, da veri e puri innamorati. Si sposarono appena finita la guerra, ma tra mio padre e mia madre l'amore è stato vero, profondo».
Nelle pagine del libro c'è tutto il dolore di una figlia che perde la madre, perché perde anche un po' di se stessa. Ma Non vi lascerò orfani è un percorso attraverso la vita.
«Mia madre, era ansiosa e spesso impenetrabile, i rapporti con lei non erano facili, penso che il mio rapporto con lei rispecchi tante esistenze e quando è venuta a mancare ho fatto i conti con il distacco più doloroso. Con la vita che improvvisamente ti cade addosso. In macchina da Milano a Ferrara, con la paura di non farcela a vederla viva. E poi la ricerca dei luoghi che era solita frequentare, la parrucchiera, il caffè sotto casa. Quando mancano i genitori ci crediamo colpevoli, ma abbiamo amato e siamo stati amati in un modo difficile da concepire».
Certo che quando una madre ci lascia se ne va una parte di noi stessi.
«Come ho scritto nel libro, a un certo punto ci si accorge che non si è dato abbastanza. E questo pesa più di qualunque cosa possiamo aver perso: tempo, divertimento, riposo. Ti illudi che ora che l'hai capito passerai il resto della vita ad amare gli altri. Forse lo farai. Forse no. Sono allora i gesti piccoli piccoli, come tenere per mano il marito, commentare l'aspetto della dottoressa che per ultima ha visto la madre, la battuta di un figlio piccolo, che soccorrono le parole e fanno intuire la profondità di una ricerca in noi stessi e nelle memorie di una vita».
Allora c'è un mondo in questo libro…
«Ho voluto raccontare della mia vita, rendendo il lettore partecipe anche dei momenti di dolore e smarrimento più grandi. Penso che la gente abbia capito, mi scrivono non solo quelli della mia generazione, ma anche i più giovani e gli anziani».
La sua trasmissione L'era glaciale ha riaperto i battenti con un ospite d'eccezione, Roberto Saviano.
«E' tornato nuovamente in televisione e lo ha fatto portando dentro di sé tutta l'adrenalina della verità. Ha espresso concetti importanti. Ora sto lavorando per il programma. Richiede un impegno costante, meticoloso, un intenso lavoro di redazione. E poi ho due bambini piccoli. Insomma, sono impegnata a tutto campo».
Tra tanti impegni c'è spazio per qualche lettura?
«Ho terminato da qualche giorno di leggere l'ultimo libro di Philip Roth, L'indignazione. Mi è piaciuto, un Roth diverso dal solito, in un'America lontana, nei primi anni Cinquanta. Protagonista un ventenne».
di MAURO MOLINAROLI