Venerdì 18 Settembre 2009 - Libertà
La Diocesi nella sua età dell'oro
Nel nuovo volume della Storia raccontati 500 anni di vita cittadina
La Cattedrale, le basiliche di S. Antonino, S. Anna, S. Savino, S. Giovanni in Canale. S. Eufemia e S. Francesco in città, la collegiata di Borgonovo, il complesso di Vigolo Marchese, il monastero di Chiaravalle della Colomba sono solo alcuni dei luoghi che ancora caratterizzano il paesaggio urbano e della provincia, le cui vicende vengono ricostruite nel secondo tomo del secondo volume della Storia della diocesi di Piacenza (Morcelliana), curato da Pierre Racine e presentato ieri all'auditorium della Fondazione di Piacenza e Vigevano da: Vittorio Anelli, coordinatore editoriale, Maria Pia Alberzoni, professore di storia medievale all'università Cattolica di Milano, e monsignor Domenico Ponzini, direttore emerito dell'ufficio beni culturali della Diocesi e autore del capitolo sulla vita religiosa a Piacenza nel basso Medioevo. Il libro ripercorre 500 anni della vita cittadina, dall'XI al XV secolo, durante i quali la Chiesa di Piacenza brillò nella sua età dell'oro - ha evidenziato Alberzoni - nel periodo compreso tra i secoli XI e XII. Porto fluviale, collocato su un'arteria stradale fondamentale come la Via Francigena e passaggio obbligato per i collegamenti in direzione Nord-Sud ed Est-Ovest, la nostra città grazie a questo si affermò «tra i centri più importanti dell'Italia centro-settentrionale, prima del suo assoggettamento allo Stato visconteo, verso il 1313».
Non a caso, la sede episcopale risultò a lungo contesa tra la filoimperiale Ravenna e Roma, con la vittoria infine, dopo il 1155, del Pontefice dal quale Piacenza dipenderà dunque direttamente, insieme a Pavia e Ferrara, «tre città che fungeranno da riferimento per la diplomazia papale, la prima a svilupparsi a livello europeo». Dietro a questa decisione c'era anche - ha argomentato Alberzoni - la volontà del Comune di affrancarsi dall'ingerenza di una politica troppo vicina all'Impero. «Nel Medioevo, la dialettica tra Comune e vescovo resta molto vivace, in un periodo in cui gli uomini non concepivano la separazione tra storia politica e religiosa». Nella panoramica sul contenuto del volume, che comprende saggi di Ivo Musajo Somma, Racine, Anna Riva, Anna Maria Segagni, Manuela Veneziani, Francesco Bussi, Fausto Aosta e Ponzini, la docente universitaria si è soffermata su figure e momenti chiave, come l'ultraquarantennale episcopato del vescovo Dionigi, «personaggio di prima grandezza, forte sostenitore dell'imperatore Enrico IV nello scontro con Papa Gregorio VII e per questo bistrattato dalla storiografia». Del presule che fu il fondatore dei monasteri di S. Sepolcro e S. Siro, riformatore di S. Savino, nemico del clero simoniaco e concubinario, Alberzoni ha messo in luce come in fondo perseguisse gli stessi obiettivi di Gregorio VII. Nonostante Dionigi avesse dovuto anche abbandonare la diocesi, «rimase - ha sottolineato Alberzoni - un vescovo autorevole, dagli ottimi rapporti con i suoi vassalli», evitando così le divisioni interne che lacerarono la Toscana e la Lombardia. Fino al 1313 Piacenza offrì inoltre asilo a numerose sette ereticali, per combattere le quali la Chiesa mise in campo - ha spiegato Alberzoni - gli ordini mendicanti e nel 1248 la fondazione di uno Studium generale con bolla di Innocenzo IV, che dava a Piacenza gli stessi privilegi dell'università di Parigi. «Una possibilità del genere non si riscontra in altre città dell'Italia centro-settentrionale, con l'eccezione di Bologna, Vercelli e poi Padova».
di ANNA ANSELMI