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Domenica 13 Settembre 2009 - Libertà

Vicende storiche di Palazzo ex Enel

memoria dell'800

L'area in cui sorge la Galleria d'Arte Moderna Ricci Oddi era anticamente occupata dalla chiesa e dal monastero di San Siro. Per tradizione la loro fondazione si fa risalire al vescovo di Piacenza Siro, la cui figura non è tuttavia documentata, mentre le prime testimonianze datano alla metà dell'VIII secolo e la storia dei due edifici prosegue con vicende alterne fino al 1809, quando il governo napoleonico decreta la soppressione degli ordini religiosi. Chiesa e monastero vengono quindi venduti e demoliti da un'impresa edile, che riutilizza i materiali costruttivi, e si arriva decennio dopo decennio al 1925, quando vengono gettate dall'impresa di Augusto Bisotti, secondo progetto di Giulio Ulisse Arata, le fondamenta del museo.
Nell'adiacente via Santa Franca, a partire proprio dal Palazzo che era di proprietà dell'Enel e arrivando al civico 46, le abitazioni erano tutte di proprietà del monastero, che le affittava per incrementare le proprie sostanze. La soppressione del 1809 di cui s'è detto e il passaggio al demanio dei beni presenti nell'area porta alla vendita anche di queste case, che vengono acquistate per lo più dagli inquilini che sono in quel momento in affitto. In seguito molte delle costruzioni passano a Gaetano Fagioli, che pone qui la sede della sua fabbrica di cartonaggio, e nel 1875 vengono unificate su progetto di Giuseppe Guastoni. Nel 1907 vengono poi demolite e riedificate sotto la direzione di Vincenzo Lodigiani, accogliendo così la sede di una litografia e di un'officina, mentre nel 1919 Fagioli vende l'intero complesso alla Federazione dei Consorzi Agrari.
La presenza della Federazione non è neutra: promuove una parziale ristrutturazione, condotta da Guido Tirelli secondo gusto neorinascimentale e conclusa nel 1923. La decorazione interna dell'edificio, affidata a Francesco Baldi, è rovinata, e nel 1929 Luciano Ricchetti si dedica ad abbellire il magnifico scalone d'ingresso che dal pianterreno porta al primo piano. Lo corona con quelle allegorie dell'Agricoltura che ancora oggi sono il simbolo ben conosciuto del palazzo. Non solo Ricchetti si dedica però a valorizzare l'interno dell'edificio, perché le inferriate e gli infissi sono opera di un bravo artigiano, Giuseppe Muratori, e altri locali vedono all'opera il pittore Alberto Aspetti.
La parte a nord viene in seguito venduta alla società Brioschi, che nel dopoguerra diviene Enel, e gli spazi sono adibiti a uffici. Il civico è il numero 36. In seguito avviene l'acquisto da parte della Fondazione di Piacenza e Vigevano, che porta così il suo contributo alle attività della Galleria Ricci Oddi mettendo a disposizione uno splendido palazzo che consta di tre grandi piani il cui spazio non è frazionato e di ampi sotterranei.

di GABRIELE DADATI, Coordinatore generale della mostra

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