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Sabato 13 Giugno 2009 - Libertà

«Io, pianista tra emozioni e meraviglie»

Ayami Ikeba inaugura stasera a Castel Mantova il Valtidone Festival 2009

In serata, nella splendida cornice di Castel Mantova a Gragnano (frazione Campremoldo Sotto) si alzerà il sipario sull'edizione 2009 degli Eventi musicali internazionali della Val Tidone. La serata, che terrà a battesimo il Valtidone Festival e i Concorsi internazionali di musica della Val Tidone (14-21 giugno), si aprirà alle 19 con un recital del Premio "Bengalli" 2008 Rebecca Capova. A seguire, alle 20, "Welcome party" nel parco del castello con i prodotti tipici locali e alle 21.15 il momento clou: il concerto della pianista nippo-austriaca Ayami Ikeba.
Lo spettacolo, come gli altri eventi del Festival, è promosso dalla Fondazione Val Tidone Musica, in particolare dal Comune di Gragnano con l'Associazione culturale Tetracordo, artisticamente diretta da Livio Bollani. Il concerto (ingresso gratuito sino ad esaurimento posti) in caso di maltempo si svolgerà nella chiesa parrocchiale di Gragnano. L'esecuzione avverrà sul nuovissimo pianoforte "Concert Grand 280" che la Schimmel, fornitore ufficiale dei concorsi, ha inviato dalla Germania.
E se, anche grazie al "Bengalli", il pubblico piacentino - e non solo - ha avuto modo di conoscere ed apprezzare la bravura di Rebecca Capova, l'attesa per il concerto di Ayami Ikeba è ormai fremente. La pianista, che ha alle spalle successi internazionali e si esibisce nei più importanti festival del mondo, non ci ha nascosto la sua emozione: «Sono contenta di poter suonare in Italia, per l'inaugurazione del Valtidone Festival 2009: ormai il Festival è conosciuto e "ambito" da tanti importanti pianisti nel mondo - ci ha spiegato Ikeba -. Se ne parla molto bene, non a caso mi è capitato di ricevere anche messaggi via internet da parte di alcuni musicisti che hanno letto sul sito della mia performance e si complimentavano».
Ikeba, il suo concerto si aprirà con Debussy (Preludi - Primo libro) e si concluderà con la "Sonata in sol minore op. 58" di Chopin. Mi incuriosisce questo accostamento poiché, se l'ultimo brano è certamente un classico del pianismo, il primo è una scelta molto particolare.
«Mi fa piacere che l'abbia notato. Infatti, ci ho pensato molto, però poi ho deciso, convintissima dell'accostamento. Le spiego le mie ragioni. Chopin mi emoziona per la musica, certo, ma anche per la difficoltà che rappresenta per un pianista. E' sempre difficile interpretarlo, ma anche meraviglioso: se penso a quel Primo Movimento... E poi, io amo le sfide, è il bello del nostro mestiere! Con Debussy, ho effettivamente avuto qualche dubbio perché, come ha detto lei, il brano è molto particolare. Lo compose pensando a luoghi ristretti, intimi mentre il concerto si terrà all'aperto ma l'ho voluto inserire nel programma come sfida sperimentale. Rimanda a molte immagini e, partendo dal titolo, si possono costruire tante storie diverse. Quel ruolo di "narratore in musica" mi piace. E poi Debussy è molto romantico, espressivo».
Lei ha affrontato, dal vivo e in numerose incisioni, un repertorio vasto. Quali sono i suoi compositori preferiti, come pianista?
«Mozart per me viene prima degli altri, non solo per le sue opere pianistiche. Poi, certo, essendo una pianista mi riesce impossibile fare una scelta che non includa Schubert, Brahms e Schumann».
Si è esibita in duo con Alfons Kontarsky e ha lavorato in ambito cameristico con solisti di spicco come Anne-Sophie Mutter e Wolfgang Schneiderhan, di cui è stata anche assistente a Lucerna. Cosa le ha regalato questo tipo di esperienza rispetto alla carriera di solista al pianoforte?
«Tantissimo e spero di continuare a collaborare con ottimi musicisti. Ammetto di nutrire una passione per la Musica da Camera. Certo, affrontarla significa entrare in un'altra dimensione, anche dal punto di vista interpretativo. Direi, però, che l'aspetto più trascinante è la condivisione delle idee e delle emozioni. Poter suonare con altri, confrontandosi e condividendo un percorso, magari qualche volta mettendo in dubbio la propria opinione, è salutare. E' una crescita. Come solista, c'è più tensione. Se suoni un brano e, la sera dopo, lo riproponi, lo suonerai comunque in modo diverso e così vale per ogni replica. Questo, a volte, significa provare tanta emozione e doverla anche un po' controllare. Ma è qualcosa che ti cambia: ti evolvi, come musicista e come persona».

Eleonora Bagarotti

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