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Lunedì 15 Giugno 2009 - Libertà

Il grande pianismo di Ikeba apre le danze

Al via il Valtidone Festival 2009 a Castel Mantova con l'esibizione pomeridiana della Capova

Campremoldo Sotto, alla sera, è macchiato solo da qualche finestra illuminata, qualche auto in cerca di un ristorantino. C'è uno scorcio che neppure la penna e la fantasia di un regista noir avrebbe saputo disegnare: Castel Mantova. Poco importa l'anno di edificazione, lo stile etichettato in rigide classificazioni di fronte al fascino senza tempo di un luogo che, una volta tanto, vuole essere assaporato solo per la sua magia. L'altra sera, prima dell'esibizione del Premio "Bengalli" Capova, qualche macchina si è fermata in paese per chiedere indicazioni: la portata dell'evento, proposto dal Valtidone Festival, ha attratto numerosi ospiti, spettatori, ascoltatori, curiosi. Anche stranieri. Un afflusso di persone e personalità che entrava in contrasto con il luogo, nascosto, quasi impenetrabile, difficile, ostico. E proprio questo contrasto ne ha potenziato il carisma, l'emozione.
C'è buio nel piccolo viale che conduce a Castel Mantova, nella frazione di Gragnano. La strada è sconnessa. Il cancello, aperto, non lascia intravedere nulla. Solo un leggero chiacchiericcio e qualche nota. Solo alcune candele illuminano un sentiero, tra il profumo di erba tagliata, umida d'estate. Un portone massiccio si impone allo spettatore: entrando, tante persone, ventagli, zanzare, occhi fissi sull'ospite. Lei, la pianista nippoaustriaca Ayami Ikeba, nata in Giappone e diplomata a Monaco, è piccola rispetto alla scenografia monumentale. Un cortile decorato con edera, i muri mangiati dal tempo. La sera, suona e sorride, sottile nel suo abito rosso lungo che ne esalta la schiena bianca e i capelli neri. I movimenti sono rapidi, l'ingresso gratuito, i posti si esauriscono in fretta. La musica, nell'abilità della pianista, crea un'atmosfera ovattata, "senza rumore": note che fanno socchiudere gli occhi, lasciano spazio all'immaginazione, al trasporto, alla commozione. Lo spettacolo è stato promosso dalla Fondazione Val Tidone Musica, in particolare dal Comune di Gragnano con l'Associazione culturale Tetracordo, artisticamente diretta da Livio Bollani: un'organizzazione che non ha deluso le aspettative dei molti presenti. Il nuovissimo pianoforte "Concert Grand 280", inviato dalla Germania dalla Schimmel, fornitore ufficiale dei concorsi, ha così potuto interpretare un'ondata di brani dalla scelta variegata nei toni, da classici del repertorio pianistico di Chopin a un occhio su un'interpretazione più sperimentale di Debussy, romantico e comunicativo.
Piccole immagini, apparizioni oscillanti tra neoclassicismo e romanticismo eclettico, aperto. Brevi aforismi, quasi: dai Preludes (Primo libro) di Debussy può emergere un riferimento all'opera omonima di Chopin, tuttavia trattato con una più ampia libertà formale e fervore creativo: la Ikeba ha dato il meglio di sé, soprattutto in La fille aux cheveux de lin, con estrema padronanza della tecnica pianistica. La luce di un solo faro illumina i tasti e la pianista che sa sorridere con umiltà: sorride tra inchini e qualche battuta, tra i denti, sulle zanzare che chiama "mosquito". Arriva a Chopin, il poeta del pianoforte, un poeta dal sapore polacco: equilibrio, perfezione stilistica, precisione. La Ikeba lo sente, deciso sotto i tasti. La Sonata in Sol minore op. 58, declinata in Allegro maestoso, Scherzo, Largo, Finale, è morbida, sognante, enigmatica. Qualche bambino si addormenta tra le braccia della mamma. Nessuno fiata. Quando l'abilità esiste, si vede negli occhi di la sa ascoltare, si sente sulla pelle di chi sa emozionarsi, si sente nella fantasia di chi riesce a comunicarla. Applausi e applausi, dopo un breve timore: quello di rompere un equilibrio così magico.

di ELISA MALACALZA

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