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Mercoledì 27 Maggio 2009 - Libertà

Tuffo nel giornalismo d'antan

Presentato all'auditorium della Fondazione il volume di Stefano Pareti "Cronache in libertà"
Un libro-intervista che aiuta a capire Piacenza città di carta

piacenza - Nessuno avrebbe pensato che da "Parole di carta", un dialogo nei sentimenti e nelle regole di un giornalismo d'altri tempi, raccontato qualche mese fa da Giangiacomo Schiavi, Adolfo Fiorani, Vito Neri e Ludovico Lalatta, il tutto sotto la regia di Stefano Pareti, nell'ambito di un'iniziativa promossa dagli Amici del Romagnosi, in pochi mesi sarebbe diventato, grazie all'impegno dello stesso Pareti, un libro dal titolo Cronache in libertà (Lir) con i contributi di Enio Concarotti, Umberto Fava, Adolfo Fiorani, Ludovico Lalatta, Vito Neri, Giacomo Scaramuzza, Gingiacomo Schiavi e Gianfranco Scognamiglio, presentato ieri, all'auditorium della Fondazione, ed erano tutti presenti, ad eccezione di Schiavi e Concarotti, i protagonisti di questo libro-intervista che è un contributo necessario per capire una Piacenza d'antan, più che mai città di carta. Insieme all'autore Stefano Pareti era presente anche Mario Ambrogi, presidente degli Amici del Romagnosi.
E' stato, quello di ieri, un pomeriggio dai toni accesi, dalle mille sfaccettature, dai sentimenti che vanno e vengono quando la nostalgia non è più quella di un tempo ma è memoria oltre che storia, e il viaggio è dentro di noi. Dentro alla nostra anima, intesa come luogo del ricordo. Perché il libro è poi l'opportunità di mettere a fuoco confronti e paragoni tra la città e i giornali di allora e il mondo dell'informazione ai giorni nostri. E ha ragione Lalatta quando dice che «se i politici vengono giudicati ogni cinque anni dai loro elettori, i giornalisti tutti i giorni dai loro lettori».
Tornando al volume è come se Schiavi & c. avessero scritto, attraverso i loro ricordi, alcune pagine di un libro profondamente vero, cogliendo il temperamento e la cultura di Ernesto e Marcello Prati, ma anche la vita difficile di chi era fuori dal colosso di via Benedettine, vale a dire Adolfo Fiorani, che prima di approdare all'Avanti e al Corriere ha galoppinato per l'anarchico "libertateo" Guido Fresco, direttore de "La settimana" alternativa, insieme a "Piacenza Oggi" (altro giornale in cui Fiorani ha collaborato sotto la direzione di Enio Concarotti) a Libertà, ogni lunedì. Un tuffo, il libro ben coordinato da Pareti, in una Piacenza piccolo borghese (ma potrà mai essere diversa da se stessa questa città di carta?) vogliosa comunque di mutare pelle insieme al boom economico.
Punti di vista differenti, da un lato la proverbiale prudenza di Libertà, dall'altro l'atteggiamento più spavaldo dei settimanali di allora. Ma il quotidiano di via Benedettine è il testimone imprescindibile per comprendere una Piacenza che ha cambiato il suo modo di essere senza mai ripudiare le proprie radici. E neppure Schiavi rinnega nulla. Anzi i ricordi si fanno dolci quando racconta dei suoi primi resoconti da Gragnano, o quando Lalatta pesca dalla memoria aneddoti su aneddoti, dal pero di Mamma Rosa alla giudiziaria, senza trascurare l'umanità di un sindaco come Felice Trabacchi. Così come Fava e Scognamiglio insieme a Scaramuzza, ricordano i primi vagiti di Libertà nel Dopoguerra, le cronache di paesi e vallate non ancora abbandonate per il desiderio di cambiamento e di un nuovo costume di vita.
Che altro dire, un pomeriggio di carta stampata tra emozioni e ricordi, con i brani di Adriano Vignola e la chitarra da chansonnier e le letture di Maurizio Sesenna, look tardo esistenzialista, che ha riproposto scorci di una Piacenza che non c'è più. E poi una sala quasi gremita. Non è facile capire e interpretare quel giornalismo fatto di farraginose macchine da scrivere, lontane anni luce dal copia-e-incolla. E Libertà come elemento di paragone, sempre, perché questo giornale con la sua storia e con la sua capacità di entrare nel cuore della gente, più che mai ha contribuito alla crescita di questa città.

Mauro Molinaroli

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