Sabato 25 Aprile 2009 - Libertà
Beruschi tra i diavoli della Commedia di Dante
Il popolare attore ha dato il via in Fondazione al nuovo ciclo di letture
Alichino e Calcabrina, Cagnazzo e Barbariccia, Libicocco e Draghignazzo, Ciriatto sannuto e Graffiacane, Farfarello, Scarmiglione e Rubicante pazzo.
Da sette secoli la parata farsesca guidata da Malacoda incuriosisce i lettori e danna i critici, alla ricerca delle più straordinarie interpretazioni.
Inferno, Canto XXI: immersi in una palude ripugnante di pece bollente stanno i barattieri, coloro che dalle cariche pubbliche hanno tratto guadagni illeciti. Qui giungono Dante e Virgilio. E tra le atmosfere cupe della quinta bolgia è giunto anche l'attore Enrico Beruschi, protagonista di un'intensa lettura nell'Auditorium della Fondazione, in via Sant'Eufemia nell'ambito degli incontri danteschi promossi dalla facoltà di Scienze della Formazione dell'università Cattolica di Piacenza e dalla stessa Fondazione di Piacenza e Vigevano, sotto la direzione scientifica del professor Pierantonio Frare.
Fra i diavoli della Commedia si è aperta la rassegna, che a causa della defezione di alcuni sponsor prevede solo quattro incontri ed è dedicata a Carlo Rivolta; si va alla ricerca del mostruoso pagano e cristiano nel percorso di Dante, a cominciare dalla vis comica del XXI Canto, espressa già nel riferimento alla comedìa dei versi iniziali. «Una scenografia grottesca, un movimento vorticoso e un fortissimo impatto visivo e sonoro grazie alla rappresentazione dei diavoli in linea con l'iconografia classica: sono questi gli elementi cardine del Canto» ha spiegato Elena Landoni, docente di Grammatica italiana alla facoltà di Scienze della Formazione, dopo l'ascolto di una lettura registrata da Arnoldo Foà.
Non ci sono interlocutori in questo episodio: nessun dannato che rievochi la propria esistenza o si disperi, nessun penitente intento ad assolversi dai peccati, nessun beato come si ritroverà negli altri Canti. Solo i due viaggiatori e i diavoli, evocati in un autentico capolavoro di maestrìa tecnica come può essere definito quello sfoggio fonico di suoni graffianti e pungenti. Che in alcuni casi fanno esplicito riferimento alle famiglie lucchesi.
Ma non è questo il solo richiamo a quella città in cui «ogn'uom v'è barattier»: nella pece ribollente sprofonda anche un «anzian di Santa Zita», ossia un magistrato di Lucca (che alcuni identificano con Martin Bottaio, morto proprio in quel periodo).
Del resto Dante ha buoni motivi per scagliarsi con una prepotente invettiva contro quella terra che è una roccaforte dei neri: lo fa in un Canto in cui il dinamismo della sintassi si piega all'autobiografismo celato ma spinto. Un Canto in cui persino la ragione si fa imbrogliare: «Nessuna esperienza tutela dalla malizia» spiega la Landoni, «e Virgilio lo mostra chiaramente: la ragione si sostituisce all'esperienza e fallisce, perché non può essere compiuta dalla rivelazione».
parab.