Martedì 28 Aprile 2009 - Libertą
Ebraismo e Islam, la parola ai giovani
"I giusti dell'Islam": il secondo incontro della rassegna riservato agli studenti
Negli occhi la storia di un popolo. Secoli di sopraffazioni e sofferenze, accuse e discriminazioni. Ma poi anche la speranza della giovinezza, la volontą tenace di portare avanti il proprio credo e testimoniarlo, rompere la catena di odio che spesso si attribuisce alla religione. Sono stati giovani ebrei e musulmani i protagonisti del secondo incontro della rassegna I giusti dell'Islam organizzata dalla Commissione Diocesana per l'ecumenismo, il rapporto con l'Ebraismo e il dialogo interreligioso della Diocesi di Piacenza e Bobbio con il patrocinio di Comune, Provincia e Fondazione di Piacenza e Vigevano: il dibattito, incentrato sul tema "Chi salva una vita salva il mondo intero" e rivolto agli studenti di alcune scuole superiori piacentine, si č svolto nell'auditorium di via Sant'Eufemia ed č stato coordinato da Francesco Luppi.
Asmaa Lachhab, Sara Aslaoui e Ibrahim Abdannur Iungo: voci di un Islam giovane, quello rappresentato dall'associazione "Giovani musulmani italiani", che si aprono al dialogo e al confronto. E ancora a testimoniare sono Amalia Luzzati, Giuditta Bassous e Tana Abeni dell'Unione Giovani ebrei d'Italia: nei loro sguardi la consapevolezza di chi in famiglia conta generazioni di soprusi ed ingiustizie, pregiudizi che talvolta ancora oggi non accennano a spegnersi. Sono loro i protagonisti dell'incontro, che, al di lą della necessitą dell'integrazione, della volontą di riaffermare i punti di contatti fra i tre monoteismi, va ben oltre: il dibattito mostra il bisogno di discutere e confrontarsi, sgombrare il campo dai preconcetti radicati nella cultura occidentale e affrontare anche le provocazioni.
Chi sono i giusti dell'Islam? La definizione di Ibrahim č perfetta nella sua semplicitą: «Persone discrete che tengono in piedi il mondo». E il giusto non č mai solo, per essere tale «deve porsi in relazione con gli altri, vedere negli altri delle persone uguali a lui», va avanti Amalia. Si pongono qui le basi per minare la cultura del pregiudizio: quella che parla di "sporchi ebrei" o di "musulmani tutti terroristi", quella che non comprende il significato del velo o che confonde ebrei e israeliani, senza alcuna distinzione di nazionalitą. Ed ecco allora la sfida: considerare la religione non pił come causa di scontri, catalogo di precetti insensati da rispettare, ma valutarla nella sua dimensione etica, in cui il limite offre in realtą lo stimolo per una riflessione. Questa č la lezione che questi giovani comunicano; ebrei, musulmani, ma anche cattolici, uniti in una parola comune: il rispetto.
BETTY PARABOSCHI