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Lunedì 20 Aprile 2009 - Libertà

Le avanguardie europee e il rapporto col Futurismo

piacenza - Abbasso ogni illusione realistica. Lontano dall'armonia e dal bello, in nome della deformazione grottesca, della simultaneità delle prospettive diverse, dell'onirico o del concettuale. E' questo il grande fermento che attraversa il mondo di inizio Novecento: la ferma volontà di ricercare nuove soluzioni in materia di arte e letteratura si concretizza nella nascita dei movimenti di avanguardia che si estendono in tutta l'Europa. Del Futurismo tanto si è detto: il centenario del Manifesto di Marinetti, che ricorre proprio quest'anno, ha fatto puntare i riflettori su un movimento a lungo bistrattato. Ma non è il solo: accanto al Futurismo sorgono altre tensioni artistiche, altri moti dirompenti di ricerca del nuovo. Si incontrano e si scontrano, si rapportano e si negano espressionisti, cubisti e astrattisti sullo sfondo di un'Europa che rapidamente si dirige verso il dramma delle trincee e dei logoramenti sul Carso. A parlarne ancora una volta è la professoressa Elena Sichel durante il terzo incontro della rassegna Il Futurismo nel centenario del Manifesto organizzata dalla Fondazione di Piacenza e Vigevano: stavolta il dibattito, svoltosi nell'auditorium di via Sant'Eufemia, si è concentrato su "Dal 1913 al 1916. Il rapporto tra Futurismo e Avanguardie europee".
La Sichel inizia ad analizzare il legame che si instaura fra le molteplici forme artistiche: tutte fanno parte di una sola sensibilità, che si manifesta in modi diversi ma esprime una comune esigenza di cambiamento. «Ecco ad esempio la frantumazione dell'immagine che rimanda alla crescente crisi dell'Io e della soggettività - spiega la curatrice della rassegna - e che possiamo ritrovare sia nelle opere di Boccioni che nelle fotografie dei fratelli Bragaglia». Emerge la coscienza della relatività: la fiducia in una concezione unitaria ed oggettiva dell'universo viene meno, lo stesso concetto di verità si scardina sotto i colpi di Dewey, Mach, Einstein e Planck. Cos'è allora l'arte? E' distruzione della forma o rigorismo formale e geometrico. Lo mostra chiaramente la Sichel, parlando degli artisti più noti del periodo: «Il dinamismo da pittorico si fa plastico - spiega - come ben si può notare dalle opere di Boccioni e Severini». E' la modernità la parola chiave di questi autori: dai simultanei contrasti cromatici de L'equipe de Cardiff di Delaunay fino alla materia plasmata dal movimento de Il grande cavallo di Duchamp Villon. Arte ma non solo: il dibattito si sofferma anche sulle riviste che fioriscono nei primi anni del Novecento. E non solo Europa, ma anche Russia: Majakovskij, Larionov, Goncharova e Malévich rappresentano alcune delle tendenze che scuotono una terra già orientata alla rivoluzione.
Oggi in Fondazione ultima conferenza dal titolo "Il Futurismo. L'arte meccanica e il mito della macchina, le arti applicate e l'aeropittura"

Betty Paraboschi

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