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Giovedì 26 Marzo 2009 - Libertà

Alajmo: «In ogni piatto c'è della simbologia»

L'esperto in Fondazione ha spiegato con Quagliaroli la filosofia delle "Calandre"

piacenza - "Vizi e virtù della grande cucina". Da scoprire, da osservare attraverso l'esperienza di uno dei più brillanti ristoranti della Penisola. Dal 1994 Massimiliano e Raffaele Alajmo guidano "Le Calandre" a Sarmeola di Rubano, vicino a Padova: cucina e gestione si intersecano in un servizio di ristorazione affidabile e professionale al punto da meritare le tre stelle Michelin. Un'esperienza, la loro, che merita di essere raccontata: ed infatti Raffaele Alajmo è approdato a Piacenza, nell'Auditorium della Fondazione di Piacenza e Vigevano, proprio per spiegare la filosofia delle "Calandre" all'esperto Stefano Quagliaroli nell'ambito della rassegna "Testimoni del tempo". La grande cucina si comprende a partire dalla storia, dalla quotidianità, dalla fatica e dall'estro che ogni giorno Massimiliano Alajmo infonde nei suoi piatti: «E' una cucina talvolta non definibile, la sua» spiega Raffaele, «in ogni piatto c'è della simbologia». I suoi segreti, la sua fantasia stanno ora racchiusi in un libro, i cui capitoli sono divisi sulla base della ricerca condotta da Massimiliano negli ultimi anni: tra le pagine è un florilegio di stratificazioni, tessiture e ritessiture per scomporre, ricreare e modificare densità e compattezza.
Ma come nasce l'esperienza delle "Calandre"? «Da ben cinque generazioni la famiglia materna dei fratelli Alajmo lavora nel campo della ristorazione, "anche se" specifica Raffaele, «"Le Calandre" vanno avanti da tre. Noi le abbiamo avute completamente in gestione a partire dal 1994 e da allora siamo diventati il cuore di questo ristorante, ci siamo orientati verso lo sviluppo e la ricerca». Ed ecco quindi i maestri e le esperienze, italiane ma anche estere, che hanno concorso alla realizzazione di quella che Quagliaroli ha felicemente definito «cucina del pensiero ininterrotto, insaziabile di conoscenza in un continuo interrogarsi sulla funzione estetica e sociale, oltre che di nutrimento».
"Le Calandre" sono così: centro per eccellenza del gusto italiano, luogo in cui si l'affabilità si unisce all'eleganza, la buona tavola incontra un servizio a cinque stelle ma in grado di mettere a proprio agio. «Sentiamo forte la necessità di far incontrare il personale e i clienti» spiega Raffaele.
Ma al di là dell'esperienza personale, quale il bilancio della situazione italiana? Quale il giudizio sulla cucina della nostra Penisola? Raffaele Alajmo è chiaro: «La cucina italiana ha diverse espressioni da valorizzare». Il confronto con le tradizioni francesi, basche e catalane è d'obbligo: «I governi d'Oltralpe e quelli spagnoli portano la cucina come sostenitrice della cultura e dei prodotti nazionali» spiega Alajmo, «in Italia questo manca: certamente con Slowfood è stato fatto un grande passo avanti, ma non basta». Il problema evidentemente non sta nella mancanza di identità delle nostre tavole, ma in una scarsa valorizzazione del patrimonio culinario delle nostre terre: è questo allora il vizio più grande della cucina "made in Italy". Le virtù, già si sa, sono tante.

Betty Paraboschi

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