Martedì 14 Aprile 2009 - Libertà
Lacquaniti: «La sicurezza è un dovere di tutti»
Interessante conferenza alla Società Dante Alighieri
Con una conferenza seguita ed applaudita, Girolamo Lacquaniti, capo di gabinetto della Questura di Piacenza e vice-questore aggiunto, ha intrattenuto per la Società Dante Alighieri, presso la Galleria Ricci Oddi, un folto pubblico trattando di "Sicurezza e Comunicazione". L'Incontro si inseriva nel quadro del programma culturale organizzato dalla "Dante" piacentina per ricordare il proprio 120° anno di fondazione.
Il duplice aspetto considerato dall'argomento non esprime temi separati e distinti, ma un necessario amalgama di due esigenze che, soprattutto nella società contemporanea e nella nuova cultura legislativa, convivono. La comunicazione di cronaca criminosa, la quale era addirittura sostanzialmente impedita in passati periodi storico-politici, in cui la distanza stessa fra polizia e popolazione era massima, ha man mano ricevuto una sempre più cospicua considerazione l'una , e riduzione l'altra. Già con l'introduzione del "113" , sul finire degli anni '60 e inizio '70, e poi con altri istituti normativi, si è sempre più colmato quel solco che storicamente esisteva tra cittadino e polizia.
E la stessa comunicazione attraverso gli organi di stampa è divenuta non più una sorta di occasionale agevolazione, ma di compito istituzionale. Ma la comunicazione non può limitarsi all'aspetto strettamente di informazione giornalistica. E' indispensabile che si crei una vera cultura della legalità anche a livello di cultura sociale in tal senso, e di umana relazionalità: la sicurezza passa anche, e magari soprattutto, proprio attraverso il recupero di rapporti umani.
L'esasperato individualismo alimenta invece , automaticamente e quasi naturalmente, una sensazione di insicurezza, peraltro giustificabile e concreta, anche quando magari le statistiche (i "numeri") dicono che i reati sono invece in effetti diminuiti o quantomeno sono in una sorta di stadio stazionario. Tale senso di insicurezza "percepita" non è dovuto ad immaginazione; esso però è favorito e ben nutrito da una sorta di autoisolamento sociale, e nel contempo da un vivere situazioni (anche le più comuni e banali) delle quali si avverte di non avere la capacità di controllo da parte propria.
C'è insicurezza inoltre anche perché non si è ancora sviluppato socialmente un ragionevole comportamento coerente di autotutela avvertito dal singolo: si pensa troppo facilmente che un evento criminoso capiti "all'altro", e non a noi.
«La umana e sociale intercomunicazione è necessaria - ha evidenziato Lacquaniti - affinché un reato possa diventare "difficile" ad attuarsi, e il calcolo "rischio-beneficio", che chi delinque valuta sempre, possa far desistere dal compimento dell'azione criminosa. Pensare che la sicurezza passi solo attraverso l'opera del poliziotto non risolve affatto il problema: la sicurezza è un "dovere" per e di tutti. E cultura sociale alla legalità significa per l'appunto che "ognuno" potrà riuscire a sentirsi più sicuro in quanto si sarà autoinvestito del diritto-dovere alla sicurezza. Solo così il controllo sociale sarà effettivamente di alto livello».
Carlo Musajo Somma