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Martedì 14 Aprile 2009 - Libertà

L'incontro con lo scrittore friulano rientra in un'iniziativa promossa da Eugenio Gazzola in collaborazione con il Cai di Piacenza

Mauro Corona sarà ospite alla Fondazione di Piacenza e Vigevano in via Sant'Eufemia, domani, nell'ambito di un'iniziativa promossa dall'intraprendenza di Eugenio Gazzola, dalla sensibilità della stessa Fondazione in collaborazione con il Cai di Piacenza. Presenterà il suo ultimo libro Storia di neve, un romanzo di forte, di una esplosiva vitalità, a volte terribile come solo certe favole nere dei fratelli Grimm sanno essere, a volte idilliaco come le pagine sulla natura dei grandi Romantici. Avremo modo di ascoltare i suoi racconti ricchi di fascino e di suggestione tra monti innevati e paesaggi di ieri. Anche quella del carretto su cui è nato dai genitori friulani Domenico e Lucia, venditori ambulanti, sulla strada che da Pinè conduce a Trento. Ma lui è originario di Erto, e passati gli anni della prima infanzia in Trentino, ritorna al paese d'origine, in provincia di Pordenone, perché la famiglia decide di stabilirsi dove hanno vissuto avoli e trisavoli, persone che hanno fatto la sua storia familiare. Ma il ritorno non è semplice, tutt'altro. E' una tragedia di dimensioni immani che si abbatte sull'Italia del Boom. Quel disastro ha un nome che ancora oggi fa venire la pelle d'oca: Vajont. «Fu come un colpo di falce - ha detto Corona - il 9 ottobre 1963, alle 22,45 duemila persone e un intero paese furono cancellati per sempre. Più di quarantacinque anni sono passati e il ricordo dei morti è ancora sospeso sulla valle. Anche se i fatti di quella terribile notte diventano sempre più lontani, quel passato resta inciso sulla pelle di chi lo ha vissuto». E quella tragedia emerge in un suo libro, Vajont: quelli del dopo: all'osteria del Gallo Cedrone sei uomini si ritrovano a discutere fuori dai denti, tra un bicchiere e l'altro, sulle responsabilità della tragedia; sul dopo Vajont, su chi ci ha guadagnato e chi ci ha preso. Dalle loro parole ruvide e coinvolte emergono accuse, notizie, fatti. E soprattutto il ritratto di un piccolo popolo pieno di inestinguibile dolore, ma mai vinto. E Mauro è costretto allora a trasferirsi per tre anni nel Collegio Don Bosco di Pordenone: «Lì furono mandati - ha affermato in più occasioni - a studiare alcuni giovani sfollati dopo la tragedia, che colpì anche Erto. La nostalgia, il disagio, il senso di prigionia e di esclusione, la mancanza degli spazi liberi, dei boschi, sono i sentimenti che prevalsero in me nel corso di quel lungo periodo. Ma resta anche la riconoscenza verso alcuni insegnanti, i sacerdoti salesiani, che hanno rafforzato il mio amore per la letteratura e mi hanno incoraggiano nello studio».
Corona è personaggio poliedrico ed ha ereditato dal nonno scultore la passione per il legno e dal padre cacciatore la passione per le vette. Oggi è uno dei più apprezzati scultori lignei contemporanei, noto a livello europeo. Inoltre si dedica all'arrampicata (ha aperto numerosi percorsi sulle Dolomiti) e ha scoperto il valore della scrittura, tutto il piacere dello scrivere. «Nei miei libri non ci sono notai, avvocati, banche. Ci sono il formaggio, il pane, il cielo, l'acqua, il ghiaccio e l'erba - ha commentato in varie circostanze - la natura, e poi c'è Dio! Dove vivo io c'è una strada del 1901 che vedeva una carrozza ogni dieci mesi, oggi purtroppo vede decine di tir al giorno perché i politicanti, coloro che voti per rappresentarti e poi invece ti bastonano, devono svuotare i letti dei fiumi, dei laghi per prelevare e vendere la ghiaia (oro bianco di queste parti). Anche in questo caso si deve distruggere la natura per fare soldi. In cambio a noi non resta nulla, neanche quel briciolo di benessere in più: i nostri ragazzi, per andare a scuola si devono alzare alle quattro o cinque della mattina (con temperature che l'inverno scendono molto al di sotto dello zero) per prendere un autobus sgangherato che li porta a Longarone e di lì prendere un altro mezzo per raggiungere la scuola. Con questo non voglio schierarmi ne da una parte ne dall'altra, io le mie denunce le faccio attraverso la scrittura». Corona adora la natura, è in simbiosi con essa: «La natura è pace, serenità; sono una persona molto inquieta, ho paura della morte, del futuro. Queste cose le dimentico quando vado a farmi una cima (scalata) perché non penso più a nulla, mi aiuta a creare le mie cose, la fatica, lo sforzo mi procurano le idee». E la sua giornata è in sintonia con la natura: «La mattina cammino, leggo, vado in osteria, mi incontro con gli altri boscaioli, scolpisco. Io penso che la vita sia come una scultura, bisogna togliere per apprezzare, non accumulare, per evitare di difendere tutto ciò che abbiamo; siamo diventati oggetti pensanti succubi degli oggetti; a me basta un pasto al giorno, un litro di vino e tempo libero per scrivere, leggere, scolpire».

MAURO MOLINAROLI

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