Giovedì 5 Marzo 2009 - Libertà
«Racconto la follia dell'odio liquido»
Carlo Bonini di Repubblica domani a Piacenza
Carlo Bonini, professione inviato del quotidiano La Repubblica; nei suoi servizi ha attraversato penombre che lasciano senza fiato: dalle nefandezze di Guantanamo al ruolo essenziale avuto dall'intelligence militare e dal governo di Roma nella "fabbricazione" delle "notizie" false che giustificarono, nel 2003, l'invasione dell'Iraq. Ora, con il suo nuovo libro Acab - All cops are bastards (Einaudi - Stile libero), ci spiega storie e vicende di ordinaria e straordinaria violenza: dai fatti del G8 nel luglio del 2001 alle truculente storie che appartengono alle curve degli stadi zeppe di ultrà, fenomeni di "odio liquido", che si dipanano in questa società tumefatta, tra scontri a fuoco, stupri, attentati e violenze che poca speranza lasciano alla gente comune, spesso vittima di episodi raccapriccianti.
Bonini, che sarà ospite all'auditorium della Fondazione di Piacenza e Vigevano in via Sant'Eufemia, domani alle 18 per presentare il suo ultimo lavoro, è testimone di questa "società liquida", tanto per citare Bauman, termine che fotografa in modo particolarmente aderente, la società in cui ci muoviamo. Perché tutto ciò che è liquido, non ha e non può avere la stessa forma per lungo tempo, ed è soltanto il passaggio da un recipiente all'altro che ne determina la forma e questo si applica a tutte le situazioni che viviamo.
Leggete allora questo libro, per capire ciò che non sempre riusciamo a vedere. Per rendervi conto come i poliziotti, spesso, siano il prodotto di una società chiusa, che Bonini prova a raccontare con durezza spietata: «E così Acab - spiega Bonini - racconta la vita di alcuni poliziotti. Persone che parlano, pensano, riflettono e spesso s'interrogano sul perché di una vita che ormai si è distorta, che è diventata estrema quasi per reazione alla normalità, perché la normalità fa paura e allora, da parte di tutti, è meglio nascondersi il volto e cominciare a picchiare».
Acab è dunque un punto di vista, forse addirittura scomodo, ma necessario per entrare, come fa Bonini, in uno dei mali della nostra civiltà: «Lo scontro, ormai costante, tra ordine costituito e gioventù - spiega - è la storia di un rapporto logoro e teso fino allo spasimo, fra forze dell'ordine e aggregazioni giovanili. Questo scontro proviene da lontano. Da una parte stanno i poliziotti, dall'altra tante realtà, organizzate o meno. Con Acab mi sono messo da una parte, ho voluto raccontare la storia di chi è visto come Potere Forte, ma che cela, a volte, solo una debole voce».
Acab, non tutti lo sanno, è un inno Skinhead, celebrato da una band tedesca musicalmente poco credibile ma molto influente dal punto di vista politico, tanto da riuscire a trasmettere a migliaia di giovani quell'acronimo infame, "i poliziotti sono tutti bastardi", che accompagna adunate, scontri, ripicche, violenze, storie becere. «Un acronimo - commenta Bonini - che ha riempito le nostre città. Prima un grido. Oggi una marca. Un logo. Una bandiera tanto condivisa quanto superficiale e molto pericolosa. Come tutti gli slogan di moda e questo libro è una storia vera. Non una verità definitiva».
Già da qui dovremmo pesare le parole. Nessuna ricerca di una verità totale, collettiva, universale. Nessuna grande mano che scende dal cielo e grida "il colpevole sei tu".
Bonini racconta una storia, anzi, più di una. La storia di persone normali, che magari entrano nei reparti della Celere.
Vengono in mente le parole di Michelangelo Fournier, che nel libro ha un ruolo importante, la memoria riporta soprattutto quella frase, "Sembrava una macelleria messicana" riferita a ciò che vide al momento dell'irruzione nella scuola Diaz. «Una descrizione ben diversa da quella che Fournier - spiega Bonini - uno dei 28 imputati per la vicenda, fornì inizialmente. Fournier è personaggio che avrebbe voluto svolgere altri compiti all'interno della polizia, ma non sempre è possibile. E allora egli stesso ha vissuto quella tragedia. E' rimasto terrorizzato e basito, quando ha visto a terra una ragazza con la testa rotta in una pozza di sangue. Pensava addirittura che stesse morendo. Fu a quel punto che urlò di smetterla e cacciò via i poliziotti che picchiavano».
Nel libro tutti hanno un nome e un cognome. Da un lato ci sono i poliziotti, dall'altra parte ci sono gli ultrà, i delinquenti da stadio. Tutti catalogati nel bene, ma soprattutto nel male. Bonini fa vivere storie vere, apparentemente lontane mille miglia, di fatto dietro l'angolo, un angolo qualsiasi di una strada qualunque di un Paese chiamato Italia. «Ci si dimentica spesso che dietro ad ogni cosa, c'è una vita umana. Con una storia che noi non conosciamo. E' la follia dell'odio liquido, che si espande senza una ragione, ma arriva dovunque, quando meno te l'aspetti».
MAURO MOLINAROLI