Mercoledì 4 Marzo 2009 - Libertà
Vignola: tributo a De André
piacenza - S'intitola Dalla parte dell'uomo ed è un tributo a Fabrizio De André, il concerto di Adriano Vignola, che andrà in scena domani sera alle 21 all'auditorium della Fondazione di Piacenza e Vigevano; uno spettacolo che per certi aspetti richiamerà il Teatro-canzone, perché Vignola non solo eseguirà una ventina di canzoni del poeta genovese, ma i vari brani saranno a tema: la guerra, l'amore, l'esistenza di Dio, la lingua dialettale e così, lungo un percorso che va dal 1961 al 1984, avremo modo di ascoltare, dopo la premessa nelle parole di Vignola, le canzoni che hanno accompagnato la nostra vita: La città vecchia, Via del campo, La guerra di Piero, La canzone di Marinella, La ballata del Miché, Amore che vieni amore che vai, La canzone dell'amore perduto, Su zanne, Bocca di rosa, Geordie, Il pescatore, La buona novella, Il sogno di Maria, Ave Maria, La collina, Il suonatore Jones, Creuza de mà. Insomma un itinerario attorno al quale Vignola ha lavorato a lungo per proporre motivi di ieri che appartengono, nonostante tutto al nostro presente. «Ho voluto suddividere l'immensa e straordinaria produzione di Fabrizio De André - spiega - in tanti temi, per riflettere su un cantautore che è stato un poeta, forse il più grande del nostro tempo. Mi accompagnerà soltanto la mia chitarre e introdurrò i brani secondo una logica umanistica, perché è dalla parte dell'uomo che stava De André e le sue canzoni ne sono la conferma più vera. Più autentica». E, conoscendo le capacità evocative del protagonista, c'è da giurare che la generazione dei sessantenni non potrà fare a meno di ricordare cos'è stata la canzone d'autore, dalla mitica Via del Campo a La ballata dell'amore perduto e chi più ne ha più ne metta. «Quei brani - conclude Vignola - interpretati e composti da De André segnarono la nascita di una nuova forma di canzone, più vera, autentica, impegnata e legata ai bisogni dei giovani di allora, che con i loro problemi esistenziali pensavano di cambiare volto al Paese. Canzoni che in quegli anni lasciarono di stucco i benpensanti e soprattutto coloro che erano legati alla tradizione, ma che, per la loro dirompenza, aprirono le porte a una stagione nuova della canzone popolare italiana».
Mauro Molinaroli