Sabato 28 Febbraio 2009 - Libertà
Andrea tra una Bambola e tanti piccoli attori
La Jonasson da stasera al "Filo" col Piccolo di Milano e i ragazzi della scuola elementare "Giordani"
Se Piacenza non l'ha abbandonata, il merito è soprattutto suo. Di chi ci ha creduto fin dall'inizio, decidendo di riprendere un lavoro storico per commemorare un'assenza, quella di Giorgio Strehler, che da più di 10 anni si fa sentire. Andrea Jonnasson non ha mai abbandonato la Bambola del marito regista: la pièce, tratta da Brecht e Sastre, è stata ripresa in un nuovo allestimento che ha visto protagonisti gli attori del Piccolo Teatro di Milano e le classi della scuola primaria "Giordani" di Piacenza, impegnate in un fitto calendario di attività guidate anche da altri esperti.
Un ricco progetto quello intorno a La storia della bambola abbandonata, che ha visto collaborare Teatro Gioco Vita e il Piccolo Teatro, con il sostegno della Fondazione di Piacenza e Vigevano: lo spettacolo andrà in scena stasera alle 21 al Teatro dei Filodrammatici e sarà in cartellone fino all'8 marzo con le rappresentazioni serali del 6 e 7 marzo e pomeridiane dell'1 e 8 nell'ambito della stagione di prosa Tre per te del Municipale e in quelle mattutine dedicate alle scuole dal 3 al 6 marzo all'interno del cartellone di Salt'in banco. Sul palco, oltre a Chiara Claudi, Riccardo Ballerini, Tommaso Minniti, Francesco Guidi e Camilla Zorzi del Piccolo di Milano, saliranno anche due gruppi di 15 bambini del "Giordani" che si alterneranno in scena con tre attori, due mimi e tre musicisti: alle spalle un lavoro intenso e divertente, un laboratorio condotto dalla Jonasson a scuola e a teatro. La sorprendiamo durante le prove finali, fra bambole di pezza e cerchi di gesso del Caucaso ormai pronti.
40 giorni di prove e varie classi coinvolte: come sono cambiati i bambini durante il lavoro laboratoriale?
«Sono diventati dei piccoli attori. All'inizio è stato come un gioco da fare in cortile, un divertimento senza impegno: solo dopo, grazie anche all'aiuto valido delle maestre, questi bambini hanno iniziato a mostrarsi più seri, consapevoli, coscienti di fare qualcosa di importante».
Dal 2007 lei ha lavorato con numerose scuole in tutta Italia: ha riscontrato delle differenze nelle singole realtà con cui è venuta in contatto?
«C'è sempre un processo di evoluzione che vede protagonisti i bambini: però ad esempio la tappa a Salerno è stata più difficile, ho trovato situazioni familiari più drammatiche. A Gallarate con gli attori del Piccolo dall'ozio, dalla noia dei piccoli abbiamo ricavato un risultato straordinario. Io penso che il segreto stia soprattutto nel testo, nella genialità di Giorgio (Strehler, ndr.) che ha saputo dare voce a una pièce per grandi e bambini: uno spettacolo serio, nonostante il titolo fiabesco».
Perché l'idea di ricordare Strehler proprio con questo testo?
«La storia della bambola abbandonata è l'unico spettacolo che Giorgio ha fatto per i bambini, per rivolgersi a loro come piccoli uomini: 15 anni fa lui sosteneva la necessità di combattere per i grandi valori della libertà e della tolleranza, per restituire il senso di dignità all'arte. Io penso che questa lezione sia ancora più valida oggi: ritengo che i bambini vadano tolti dal video per dare loro la possibilità di confrontarsi con qualcosa di più attivo. Il mio vuole essere un piccolo gesto, un omaggio per Giorgio: non sono una regista, certi lavori come la Tempesta sono inavvicinabili. Questo invece è per l'infanzia, ma anche per quella parte bambina che ogni adulto ha in sé».
Ha anche un altro merito questa «Bambola abbandonata»: aver portato finalmente il vero teatro a scuola.
«Sì, penso che sia molto importante. Qualche giorno fa Baricco ha detto che bisogna chiudere i teatri: io la ritengo un'affermazione contro gli attori e gli spettatori. Non si può uccidere il teatro, bisognerebbe invece pensare a iniziative che lo portino nella quotidianità».
BETTY PARABOSCHI