Sabato 28 Febbraio 2009 - Libertà
Giampiero Mughini: viaggio nei più bei libri italiani
La passione per il Novecento
piacenza - Inconfondibile, un personaggio malgrado tutto e nonostante tutto. Questo è Giampiero Mughini, una voce che riconosceresti tra mille. I suoi abiti e le sue giacche colorate (ieri sera eeccezionalmente vestito di nero), rappresentano una sfida, quasi volesse allontanare le rughe di un tempo impietoso che non fa sconti a nessuno. Dagli studi di Controcampo nel ruolo di juventinologo all'Auditorium della Fondazione di Piacenza e Vigevano la differenza è abissale.
Stavolta si parla del suo ultimo libro La collezione (Einaudi), il viaggio di un "bibliofolle" (sì, proprio così) nei più bei libri della cultura del Novecento. E accanto a lui Giorgio Lambri, caposervizio di Libertà, che ha il compito di sollecitalo, ma non ce n'è bisogno, neppure quando, con una metafora appropriata, paragona Mughini allo strumentista jazz Franco Cerri, un musicista straordinario che sarà ricordato come l'uomo in ammollo: «Non teme di fare la stessa fine? Lei, grande uomo di cultura, ma è noto soprattutto per le sue partecipazioni sportive su Mediaset come sfegatato juventino».
Mughini non si scompone, reagisce, ribatte, dribbla, evita affonda: e allora ce n'è per tutti, ma soprattutto c'è un uomo (sic!) che ha fatto della lettura e della letteratura una delle proprie ragioni di vita. Mughini è un uomo dai mille risvolti, quasi maniacale, è collezionista, un bibliofilo sopraffino, che ama nei libri la qualità e la rarità, ed è proprio questo binomio il motore di questo sua nuova pubblicazione, un romanzo sentimentale che attraversa la cultura del Novecento italiano seguendo il filo delle prime edizioni, piccoli tesori che Mughini ha accumulato in venticinque anni, e ai quali è legata a filo doppio la nostra storia culturale.
C'è anche un po' di Piacenza in Mughini. Non lo diresti mai, eppure conosce Oswaldo Bot più di tanti di noi, perché l'intellettuale non può essere considerato un optional, e allora scopri che il futurismo è una delle tante manie di Mughini, ha più di una migliaio di libri, fogli, manifesti e ha cominciato a collezionare volumi di questi intellettuali al di fuori delle regole del tempo, una ventina di anni fa, grazie a un amico libraio purtroppo scomparso prematuramente, Roberto Palazzi, e da allora ha messo insieme una collezione straordinaria, comprendente anche molti libri di Bot: «Era uno scultore, un grafico, un pittore, un polemista e un inventore. In casa mia conservo inoltre foto di Gianni Croce, fotografo che per certi aspetti ha appartenuto al secondo Futurismo». Non solo, nell'ultimo libro di Mughini si passa dalla curiosa attività di autopromozione di Ungaretti, che distribuì le ottanta copie della prima edizione del Porto Sepolto ai suoi amici, agli sfortunati Canti Orfici di Dino Campana, bruciati dagli inglesi per scaldarsi, alle fatiche editoriali di Svevo oltre ai già citasti legami tra futurismo e politica, e molto altro ancora.
E' un profondo e continuo scavare nell'editoria italiana il suo, un andare a fondo sempre e comunque, una ricerca che funge da stimolo, che permette all'autore di raccontare al folto pubblico presente in sala, un'infinità di aneddoti che fanno da cornice a un collezionista vero, un amante del libro, perché i libri sono memoria, vita, storia, arte e cultura. E la serata è anche lo spunto per riflettere sui processi di produzione del mondo editoriale, perché, in fondo, quel che emerge da un viaggio nei territori dell'editoria novecentesca è la sua profonda diversità con quella odierna, e scoprire che alcuni dei più grandi autori della letteratura italiana del secolo scorso hanno vissuto i loro debutti con l'ansia di chi non riesce a trovare un editore, uno stampatore sembra un paradosso. C'è spazio allora per dibattere sul ruolo dell'industria culturale di questi anni Duemila, che a volte dimostra, cercando a tutti costi di creare bestseller e istantbook, di aver perso completamente di vista il vero valore delle opere che promuove. Anche se occorre sottolineare che oggi, a differenza di ieri, molti autori possono invadere i boschi della narrativa e della poesia, magari con successo, senza sentirsi addosso il sudore della fatica perché, in fondo, un libro non lo si nega a nessuno (o quasi).
Mauro Molinaroli