Fondazione di Piacenza e Vigevano Stampa
  Rassegna Stampa
spazio
  Comunicati Stampa
spazio
  Eventi Auditorium Piacenza
spazio
  Eventi Auditorium Vigevano
spazio
  Comunicazione
spazio

 
Home Page     Rassegna Stampa   


Lunedì 23 Febbraio 2009 - Libertà

Toni Capuozzo: «Il viaggio come esperienza di vita»

L'inviato di guerra del Tg5 sarà stasera in Fondazione con Andrea Angeli e Massimo Albrizzi

piacenza - Toni Capuozzo e un tempo da salutare: quel tempo è il proprio passato, perché ciò che è stato ci è appartenuto ma quando è ora bisogna lasciarselo alle spalle, con i ricordi brutti e belli che lo caratterizzano. Prima o poi bisogna dire addio al percorso che ha segnato le prime esperienze di vita e la prima crescita umana ed intellettuale. Lui, però, preferisce dire "Adiòs", perché questo giornalista, inviato di guerra e vicedirettore del TG5, ha scritto un libro edito da Mondadori il cui sottotitolo è molto essenziale e significativo: "Il mio viaggio attraverso i sogni perduti di una generazione", che è poi, sotto sotto, il tema dell'incontro che avrà luogo questa sera all'auditorium della Fondazione di Piacenza e Vigevano in via Sant'Eufemia, "Dall'utopia armata alla pace rivoluzionaria". Vi prenderà parte, oltre all'inviato del Tg5, il funzionario internazionale Andrea Angeli. L'incontro sarà moderato da Massimo Alberizzi, inviato del Corriere della Sera.
«Adiòs è il titolo di un mio libro - spiega Capuozzo, che abbiamo intervistato ieri - che racconta gli anni del mio apprendistato e della mia disillusione, che è stata quella di molti altri giovani, e i viaggi tra il Nicaragua della rivoluzione vittoriosa dei sandinisti, il Salvador che entrava nel delirio della guerra civile con l'assassinio del cardinale Romero, la Cuba di Castro, l'Argentina delle Falkland e di Jorge Luis Borges, uno scrittore che ho amato tanto, e l'Amazzonia di Fitzcarraldo. Oggi viviamo un tempo diverso, molto diverso da allora, perché quell'utopia è stata sporcata dal terrorismo, che ha fatto troppe vittime e, paradossalmente, l'unica soluzione possibile è una pace rivoluzionaria. Ai tempi di Don Milani l'obbedienza non era più una virtù, oggi è il contrario. Se Don Milani fosse ancora in vita dovrebbe scrivere un libro sul fatto che un rivoluzionario oggi deve fare uso degli strumenti della pace. L'unica strada possibile. Il cielo capovolto».
Il viaggio come esperienza di vita ha rappresentato una parte importante della sua vita: «I giornalisti, gli inviati di guerra un tempo erano considerati sopra le parti, vivevano in una sorta di limbo, una zona franca in cui potevano agire, interpretare, conoscere e al tempo stesso, essere apprezzati per il loro lavoro. Oggi non è più così. E la conferma di quanto dico arriva direttamente da Al Quaeda, dal terrorismo islamico internazionale, che usa ogni mezzo pur di farsi notare. Noi giornalisti siamo carne da macello, possiamo essere preda dei rivoltosi, i quali hanno stabilito che la guerra è totale. Penso all'assassinio del giornalista e pacifista Enzo Baldoni in Iraq. La sua morte ha significato la fine del giornalismo di una volta, quando gli inviati erano al sicuro».
«I miei maestri? Saverio Tutino e Italo Moretti; Bernardo Valli e Ettore Mo sono coetanei, amici. Non so - aggiunge - oggi, francamente, se l'inviato possa essere un modello di esperienza per le nuove generazioni attraverso la conoscenza di altri popoli, usi e costumi. La comprensione delle guerre civili è assai difficile, così come è quasi impossibile capire la morsa del potere e dei conflitti umani che portano al delirio di un popolo e di un Paese».
Toni Capuozzo ha raccolto e conservato nuove conoscenze e consapevolezze vere, dedicandosi con passione e senso del dovere alla professione giornalistica. «Nel corso dei miei viaggi all'estero ho fatto di tutto per capire come si vive in altri Paesi, quali sono i pensieri degli altri e li ho messi a confronto con me stesso e con il nostro paese. Non è facile. A volte convengo che la fortuna di appartenere a un Paese che da sessant'anni non vive guerre sia davvero tanta, è altrettanto vero però che l'Italia sta vivendo un periodo di crisi profonda, di fronte alla quale bisogna fare fronte. Mi chiedo come e in che modo, se nelle scuole, spesso, coloro che più di altri, sentono il bisogno di affermazione, sono i figli degli immigrati che vogliono stabilirsi seriamente nel nostro Paese. Non è una consolazione per noi».

Mauro Molinaroli

Torna all'elenco | Versione stampabile

spazio
spazio spazio spazio
spazio spazio spazio