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Domenica 22 Febbraio 2009 - Libertà

«L'Italia, un paese di arte totale»

Antonio Paolucci parla del plusvalore di tutto ciò che è italiano

piacenza - Oltre quattro milioni e mezzo di visitatori all'anno, una macchina organizzativa di seicento persone, introiti in biglietteria di 60 milioni di euro. Antonio Paolucci, dal dicembre 2007 direttore dei Musei Vaticani, è intervenuto l'altra sera alla Fondazione di Piacenza e Vigevano per il ciclo Testimoni del tempo, insieme a Eugenio Gazzola e alla direttrice dei Musei Civici, Antonella Gigli, a parlare con una carrellata di immagini delle straordinarie collezioni artistiche racchiuse nel piccolissimo Stato (44 ettari, «totalmente coperti da beni artistici, architettonici, archeologici e ambientali»), accennando poi alle possibili ricadute economiche che il patrimonio culturale può generare, contro «un'idea ingenuamente meccanica di tale fruttuosità», se identificata solo nei flussi turistici, negli alberghi pieni, nei ristoranti affollati, in mostre e musei col tutto esaurito.
Per l'ex sovrintendente per il polo museale fiorentino ed ex direttore generale per i beni culturali della Toscana, esiste «un plusvalore materiale e incommensurabile» in ciò che è frutto del lavoro italiano, che si tratti di un automobile, una cintura, un paio di scarpe, una bottiglia di vino: «Il plusvalore è dato dal fatto che provengono dall'Italia. Dietro ci sono i faraglioni di Capri, il lago di Garda, le colline del Chianti, il Botticelli degli Uffizi, i cavalli di Piacenza, ossia l'artisticità totale».
Concetto che accomuna «i centri storici, i musei, Raffaello, il Colosseo, ma anche la qualità della vita, la moda, la gastronomia. Dobbiamo tutelare la bellezza dell'Italia, i suoi beni artistici, il paesaggio, che purtroppo è il più devastato, perché è questo a renderci competitivi e riconoscibili nel mercato del mondo globalizzato».
Dal contesto internazionale l'attenzione è scesa sul piano locale con gli interventi del pubblico, che ha sollevato la questione dei controversi restauri di piazza Cavalli. «Vengo da un'esperienza simile. A Firenze - ha ricordato Paolucci, precisando comunque di non aver visto il cantiere piacentino - a inizio anni '90 si decise di sostituire la vecchia lastricatura in pietra serena, che era in condizioni deplorevoli, con una nuova. Si arrivò a un contenzioso anche giudiziario, ma la cosa finì lì (alle condanne di amministratori, funzionari comunali e dirigenti del ministero dei Beni culturali comminate in primo grado per danneggiamento di beni artistici, seguì l'assoluzione per tutti in appello, confermata dalla Cassazione, ndr). Oggi, a distanza di 15 anni la gente crede di camminare sulle pietre del '700; non ci si accorge della differenza».
Paolucci ha dunque invitato a interessarsi non del lastricato della piazza, ma dello scempio del paesaggio, per fermare il quale - ha ammesso però - non ci sono strumenti: «Sindaci e assessori hanno bisogno di soldi. Li prendono con le multe e gli oneri di urbanizzazione». Alle osservazioni dell'architetto Marcello Spigaroli sull'esistenza di un "museo Italia", che non si chiude dentro lo spazio delle gallerie, ma abbraccia anche le strade e le piazze, e che ha il suo attento tutore negli stessi cittadini, i quali non possono accettare a cuor leggero la cancellazione della loro storia, Paolucci ha detto di condividerle appieno, aggiungendo tuttavia che i centri storici delle città italiane non hanno quasi più residenti: «Anche l'eccesso di tutela - ha sostenuto - può aver aumentato questo fenomeno di spopolamento».

Anna Anselmi

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