Martedì 10 Febbraio 2009 - Libertà
«Il 900? Rivoluzione della letteratura»
Asor Rosa oggi al "Gioia", domani in Fondazione
Alberto Asor Rosa e una storia della letteratura dell'Italia unita che arriva fino ai giorni nostri, ai romanzi di Ammaniti, di Melania Mazzucco, di Aldo Nove e di Simona Vinci. Nel suo ultimo libro, la "Storia europea della letteratura italiana III" (Einaudi), il critico noto letterario romano, non si limita a ripercorrere le ultime fasi di quella modernità iniziata e portata avanti nei due volumi precedenti "Le origini e il Rinascimento" e "Dalla decadenza al Risorgimento"), ma prende ugualmente in esame il declino del moderno o postmoderno che dir si voglia, caratterizzato dalla crisi dei disegni generali, delle ideologie, della persuasione e dalla convinzione di scrivere per cambiare l'uomo e la storia.
E di questo si parlerà oggi pomeriggio al liceo "Gioia" presso la biblioteca "Grazia Cerchi" nell'ambito di un'iniziativa rivolta agli insegnanti piacentini e domani, mercoledì, alle 10 all'Auditorium della Fondazione di Piacenza e Vigevano, nell'ambito dell'iniziativa "Lezioniletture" promossa dalla Fondazione, giunta al terzo ed ultimo appuntamento, dove Alberto Asor Rosa, parlerà agli studenti piacentini. Entrambi gli incontri saranno coordinati da Fabio Milana, docente presso il liceo "Gioia".
Com' è il Novecento che appare dal suo ultimo lavoro?
«Un secolo lungo, in cui vengono ridefiniti gli statuti letterari che avevano contraddistinto l'attività degli scrittori nelle epoche precedenti. La letteratura come presa di posizione elitaria, puntava tutto sulla distinzione e sull'originalità, nella società di massa il valore viene ricollocato dove ci sia il gradimento di molti se non di tutti. Ma se la storia letteraria del Novecento e di questi primi anni Duemila è un momento di grandi trasformazioni e radicali cambiamenti, essa è anche un percorso di permanenze forti. Arriva, dunque, fino ai giorni nostri questa nuova catalogazione - in chiave europea - della tradizione letteraria italiana. Compaiono nella parte conclusiva del terzo volume anche i nomi, tra gli altri, di Niccolò Ammaniti, Sandro Veronesi e Melania Mazzucco».
Questi giovani autori vengono definiti nell'ultimo capitolo del suo libro, "gli esploratori del magma". Perché?
«Lo strapotere del mercato e dell'industria culturale, la lenta ma inesorabile sparizione delle riviste letterarie e l'appiattimento della lingua letteraria verso la più corriva mimesi del parlato, il ruolo del populismo mediatico, la molteplicità dei linguaggi, rendono sempre più difficile per lo scrittore il tentativo di dare una connotazione forte al proprio ruolo e al proprio lavoro, tra coloro che puntano a un'udienza di massa e chi intende ricomprendere una ricerca letteraria autoreferenziale, c'è forte differenza, meglio questi ultimi che nel magma contemporaneo si pongono come nuovi esploratori di un mondo in continua evoluzione».
Quali sono stati i momenti più vivi della letteratura del Novecento?
«Tanti elementi hanno caratterizzato il secolo scorso, è bene ricordare il ruolo che hanno avuto i primi anni Venti, che hanno espresso scrittori quali Pirandello e Svevo, i quali hanno dato una svolta alla letteratura italiana. Nel Dopoguerra con il neorealismo, inteso nella sua più ampia complessità, ha avuto luogo una grande ricognizione della realtà italiana dopo un periodo buio quale è stato il fascismo. Scrittori come Luigi Meneghello, Mario Rigoni Stern e Beppe Fenoglio, hanno lanciato segnali profondi per rivisitare l'Italia, preceduti da Cesare Pavese, Elio Vittorini e Vasco Pratolini, che sono stati autori di passaggio dal vecchio al nuovo. Penso poi agli anni Sessanta, un periodo di profondi mutamenti, di grandi trasformazioni sociali, culturali e intellettuali. Ne trae giovamento anche la letteratura con il "Gruppo 63", un movimento assai composito che va ad Alberto Arbasino a Edoardo Sanguineti fino ad Umberto Eco. In quegli anni ha luogo un profondo svecchiamento della forma letteraria. Voglio ricordare le "Lezioni americane" di Italo Calvino, in cui lo scrittore ha percorso, con un'ampiezza di orizzonti e di conoscenze veramente impressionante, la storia della letteratura occidentale, cercando di trarne delle indicazioni per il futuro. Mi chiedo se la proposta di Calvino rappresenti oggi un ponte verso il futuro o piuttosto una retrospettiva sui classici».
Nel 1965, lei scrisse "Scrittori e popolo", un libro complesso e di non facile lettura. Fu comunque un successo…
«In quel libro spiegai che mentre l'Europa esprimeva nel Novecento l'ultima grande fiammata di una letteratura borghese audacemente critica e distruttiva verso il mondo stesso che l'aveva espressa, l'Italia continuava a produrre generazioni di intellettuali ingenuamente fiduciosi nella funzione socialmente rigeneratrice dell'arte e della poesia. Erano gli stessi anni in cui le nuove generazioni scalpitavano per darsi voce con una Neoavanguardia. Mi chiedo come riuscii a scrivere quelle affermazioni a soli 27 anni, e penso che i postulati del volume siano d'interesse anche oggi».
MAURO MOLINAROLI