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Venerdì 6 Febbraio 2009 - Libertà

Dassoni: «Così racconterò in un video
il laboratorio sulla Bambola abbandonata»

Il videmaker piacentino sta girando il backstage del lavoro di Andrea Jonasson

piacenza - Cara compagna dei giochi di ogni bambina, ma anche unica protagonista del palcoscenico teatrale: è la Bambola abbandonata di Giorgio Strehler che si prepara ad approdare anche a Piacenza grazie a Teatro Gioco Vita con un nuovo riallestimento guidato da Andrea Jonasson e dagli attori del Piccolo Teatro di Milano. La storia della bambola abbandonata debutterà infatti al Teatro dei Filodrammatici il 28 febbraio e sarà in cartellone fino all'8 marzo con rappresentazioni nell'ambito della stagione di prosa Tre per te del Municipale e delle rassegne Salt'in banco e A teatro con mamma e papà. Eppure a ruotare intorno all'allestimento piacentino è qualcosa di più ampio di uno spettacolo: è un progetto importante (realizzato col sostegno della Fondazione di Piacenza e Vigevano nell'ambito del programma InFormazione Teatrale) che schiera in scena anche le classi II B e II C delle Elementari "Giordani" coinvolte in un articolato laboratorio teatrale curato dalla Jonasson con la collaborazione di Francesco Guidi e Tommaso Minniti e che culminerà alla fine di febbraio con una settimana di prove al "Filo".
Ad essere attivati per gli alunni della "Giordani" sono anche un laboratorio di costruzione scenica curato dal Laboratorio Creativo per Bambini Zazì di Parma, diretto da Veronica Ambrosini, e una serie di attività ispirate allo spettacolo e realizzate dalle altre classi. A documentare l'intero lavoro (che sarà anche oggetto di un'esposizione al "Filo" nei giorni di presentazione dello spettacolo), dai laboratori alle prove fino alla messa in scena, è il videomaker piacentino Roberto Dassoni che da qualche giorno sta dirigendo un laboratorio video con l'obiettivo di realizzare un dvd sul progetto.
«Ho cercato di privilegiare la qualità stilistica che emana dal lavoro. Penso sia in linea con la vera natura del testo, più attento all'essenza e al cuore delle cose che non alla superficie» spiega.
Qual è stata la sua idea?
«Volevo sfruttare al massimo le potenzialità del dvd: il cinema e la televisione offrono una continuità di contenuti, il dvd sa essere interattivo e garantire una molteplicità di contenuti simultanei. La regia video tende ad essere la meno invasiva possibile per documentare i momenti di gioco e lavoro dei bambini nella loro spontaneità; diverso il montaggio, che è invece tipicamente televisivo, ovvero veloce ed emozionale, con l'utilizzo di grafica e delle musiche originali dello spettacolo come sottofondo. Il mio infatti non vuole essere solamente un prodotto documentario».
Quali saranno i contenuti del dvd?
«Per ora ho raccolto il materiale di alcune prove a scuola dei due gruppi di bambini in scena, oltre ai momenti del Laboratorio Zazì. Sono le classi a sviluppare i singoli aspetti della storia, partendo proprio dalla scenografia: c'è il backstage dei laboratori in classe con quattro gruppi di bambini delle classi seconde che realizzano rispettivamente il maxi disegno dell'albero dello spettacolo, il cerchio di gesso del Caucaso, la bambola abbandonata e le maschere dei personaggi. La prossima settimana realizzeremo un videoclip musicale di due canzoni di scena dello spettacolo. E poi il dvd raccoglierà anche le prove a teatro con attori, musicisti e costumisti, le interviste ai bambini sulla comprensione del testo e quella alla Jonasson che legge una lettera di Strehler sulla genesi dello spettacolo».
Difficile lavorare con i bambini?
«No, anche se per me è stata la prima volta: certo è una generazione televisiva, i bambini subiscono il fascino della telecamera, si meravigliano, si mettono in posa. Ma hanno meno preconcetti degli adulti per essere filmati».
Un progetto, questo di Gioco Vita, che si lega almeno idealmente anche ad altri lavori più privati.
«Sì, per una strana e piacevole coincidenza, una bambola abbandonata sarà anche al centro della mia prossima personale che si inaugura il 21 febbraio al Laboratorio delle Arti».

Betty Paraboschi

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