Mercoledì 4 Febbraio 2009 - Libertà
«Storie di donne senza via di fuga»
Emmanuelle De Villepin domani a Piacenza
piacenza - Emmanuelle de Villepin sarà ospite domani alle 18 all'auditorium della Fondazione di Piacenza e Vigevano per presentare il suo ultimo libro, La ragazza che non voleva morire (Longanesi), nell'ambito dell'incontro "Vivere con violenza. Racconti dai confini dell'Europa", al quale parteciperà anche, Giampaolo Visetti, inviato del quotidiano la Repubblica.
Francese di nascita, giovanissima si è trasferita a Ginevra, dove si è poi laureata in legge, e quindi a New York. Dal 1988 vive a Milano con il marito Rodolfo De Benedetti, imprenditore e dirigente d'azienda, (è presidente di Sorgenia) e con le tre figlie. Dal 2006 si occupa attivamente della fondazione Dynamo, il primo campo estivo in Italia che ospita bambini affetti da gravi malattie. Ha pubblicato nel 2006 Tempo di fuga (Longanesi), un romanzo che racconta la fuga in Svizzera di ricchi ebrei negli anni bui della persecuzione razziale.
Da anni segue con grande interesse la situazione cecena, i suoi sviluppi sulla scena nazionale e internazionale. E il ricordo torna all'ottobre del 2002, quando un gruppo di donne kamikaze fece irruzione nel teatro Dubrovka di Mosca uccidendo centinaia di persone. «Fu un episodio davvero terribile - spiega - quell'attentato ebbe una grande eco in tutto il mondo, e ovunque furono giustamente emesse condanne, ire, biasimi. Qualcuno, però, in quel momento cominciava a chiedersi com'era stato possibile che a un certo punto della loro vita queste donne, tutte giovani, avessero deciso di indossare la cintura di esplosivi e di morire dilaniate, trascinando con loro civili innocenti ed estranei alla loro causa. Io ero tra costoro, da quel momento ho iniziato a leggere, a informarmi, a cercare di capire cosa possa spingere una donna a sacrificarsi per una causa. Mi sono domandata se il fanatismo religioso può essere la causa scatenante oppure se dietro a una scelta così atroce si possa nascondere un tormento interiore, o una costrizione mentale che non permette vie di fuga perché viene a mancare la possibilità del libero arbitrio».
Emmanuelle de Villepin ha svolto ricerche sulla vicenda cecena, su un mondo lontano mille anni luce da noi: «Ho seguito con attenzione la storia di questo piccolo Stato che dalla caduta dell'Unione Sovietica ha lottato per la propria indipendenza. Mi ha affascinato la figura di Anna Politkovskaja, che Giampaolo Visetti ha conosciuto personalmente, assassinata perché aveva la "malattia" di scrivere, informare, raccontare la realtà cecena, così com'è, senza tanti giri di parole. Anna morì assassinata nell'ascensore di casa propria, dopo essere stata minacciata varie volte. La giornalista russa era critica verso il Cremlino di Putin ma anche verso il presidente ceceno. Ha scritto pagine di giornalismo vero, puro, non schierato, tranne che a favore dei diritti umani. Anna ci ha raccontato due guerre cecene da un angolo di visuale puramente popolare. I personaggi dei suoi episodi di guerra sono uomini piccoli, ma grandi eroi, donne cecene sfruttate e violentate, bambini e territori violentati da anfibi e coltelli e feci di un popolo che combatteva e col quale Anna Politkovskaja si mischia, gli dà voce, attraverso articoli taglienti come lame sulla Novaya Gazeta, che hanno portato persone in galera e fatto traballare poltrone molto pesanti».
Prosegue: «Il mio libro nasce da questo retroterra culturale, da un intreccio di storie vere e di domande, anche sulla strage di Beslan mi sono interrogata e mi sono chiesta come sia stato possibile. C'è tanta sofferenza in quelle terre. La storia non può che iniziare con un mancato attentato. La protagonista è Madina, giovane cecena dal sorriso travolgente, che indossa una cintura imbottita di esplosivo, ma in un attimo decide a favore della vita, non porta a termine la sua missione. I suoi genitori sono morti durante il bombardamento di Grozny e - come se non bastasse - ha subito violenza da parte di soldati russi. Intorno, tutto un mondo fatto di onore, vendette e grandi passioni per la propria terra e i propri familiari. Il romanzo si articola con un intreccio familiare Madina, lo zio Kamzan è capo dei ribelli wahabiti, suo nonno Sultan la protegge. Intanto a Parigi, un noto giornalista in piena crisi di mezza età, sta per incontrare Olga, una cinquantenne russa dall'indiscusso fascino, che ha appena scoperto che la ragazza è sua nipote. Insieme tentano di salvarla».
Ma nel romanzo di Emmanulle de Villepin De Benedetti, c'è un terribile teatro di atrocità commesse su una popolazione dilaniata da torture, violenze, saccheggi, esecuzioni sommarie, spedizioni punitive. «E' un paese - spiega - in cui la cultura si divide tristemente tra la lealtà e il suo rovescio, la vendetta. E' un luogo mentale prima ancora che geografico, dimenticato troppo spesso dal resto del mondo. Io cerco, nel mio lavoro di dare voce a questo popolo. Continuerò a farlo».
Mauro Molinaroli