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Venerdì 21 Novembre 2008 - Libertà

Giornaliste protagoniste di "Donne delle religioni"

In bilico tra due culture

Piacenza - Dove cliché folcloristici si sostituiscono spesso alla realtà dei fatti creando così un clima di deterioramento progressivo delle relazioni tra diversi Paesi e diverse culture, ogni musulmano rischia di diventare un potenziale kamikaze e ogni musulmana una donna senza dignità. I fatti vogliono che questa religione sia diffusa tra un miliardo e mezzo di persone e come tale non possa essere soggetta a un'eccessiva generalizzazione.
Non ha senso parlare di un'unica "donna musulmana": per arginare il pregiudizio, non solo legato all'Islam ma anche alle altre grandi religioni monoteiste, nasce Donne delle religioni, la rassegna promossa dalla Provincia in collaborazione con la Fondazione di Piacenza e Vigevano, la Regione, il Comune di Piacenza, quello di Fiorenzuola e Telelibertà. Un percorso ben strutturato che ha riscosso particolare successo per l'attualità della proposta: oggi pomeriggio, alle 17, all'auditorium della Fondazione in via S.Eufemia, avrà luogo l'incontro "Donne tra due culture" a conclusione dell'ultimo capitolo di analisi del rapporto tra donna e Islam. Sono previsti grandi nomi al tavolo dei relatori che per l'occasione si tingerà di rosa con la partecipazione di tre donne: oltre alla moderatrice, Nicoletta Bracchi, Nacera Benali, giornalista del quotidiano algerino Al Watan, e Yasemin Taskin, giornalista del quotidiano turco Sabath. Entrambe vivono a Roma da anni e incarnano quindi il senso dell'evento.
E' possibile quindi una mediazione femminile? «La donna algerina ha compiuto un percorso di emancipazione profondo con una regressione negli anni '90, una fase di terrorismo integralista che si è abbattuto soprattutto sulle donne e sulla classe intellettuale. Abbiamo pagato un pesante tributo personale ma abbiamo continuato a lottare nonostante le condanne a morte e il carcere che io stessa ho subito nel '93 in seguito a un reportage su una strage terrorista che il governo voleva nascondere. L'Algeria non è come l'Arabia Saudita, ha un governo laico anche se non totalmente democratico. Il mio passaggio in Occidente vuole spezzare certi luoghi comuni, segno di disinformazione e superficialità anche mediatiche: nell'ambito giornalistico ad esempio, ho notato che il maschilismo è più presente in Italia che in Algeria dove le donne rivestono ruoli di prestigio. Certo c'è ancora molto da fare, la donna si sente spesso in bilico tra poteri conservatori e la volontà di credere nella laicità e nella democrazia: per aggirare alcune leggi oscurantiste come quella della poligamia siamo riuscite a introdurre strette limitazioni come la necessità della firma di accordo della prima moglie», ha commentato in vista dell'incontro la Benali.
Laureata in Scienze politiche e giornalismo, vincitrice di due borse di studio e diplomata al Corso di Arte drammatica di Camilleri, la Taskin mostra di vivere in pace le due identità: «Non ho avuto uno shock culturale, le differenze sono per me ricchezza e sorpresa piacevoli. Anche in Italia c'è un sottofondo di conservatorismo religioso, poca conoscenza della Turchia e arroganza nel non voler conoscere, nel non credere, nel voler creare un dialogo ma vuoto, formale, senza spesso crederci davvero. Questo crea amarezza anche se devo dire che rispetto a dieci anni fa ho conosciuto maggiore pluralità nei confronti della tematica e più apertura. Le donne hanno maggiore capacità di socializzazione, sono madri, hanno in sé strumenti educativi profondi e umani, sfuggono al pragmatismo maschile. Non bisogna avere paura a non aderire a un modello culturale maschile».
Due esempi piacevoli da ascoltare, l'intervista sarebbe potuta andare avanti per ore, c'è tanto ancora da dire, due storie, la stessa volontà di lottare contro il pregiudizio.

Elisa Malacalza

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