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Martedì 16 Dicembre 2008 - Libertą

Moravia, il lato nascosto

Nell'interessante incontro con Pedullą e Milana

Piacenza - Narratore di romanzi e racconti e scrittore di teatro; sceneggiatore cinematografico, giornalista e viaggiatore. Ma anche personaggio inquieto ed impaziente, disponibile verso gli altri ma contraddistinto da una mobilitą sfrenata, da un rapporto vorace nelle relazioni con il mondo.
Questo č l'Alberto Moravia di Walter Pedullą, docente per cinquant'anni all'Universitą di Roma 1 e protagonista del secondo appuntamento di Lezioni Letture, la rassegna organizzata dalla Fondazione di Piacenza e Vigevano con la collaborazione del liceo "Gioia" ed il coordinamento del professore piacentino Fabio Milana: "Moravia, il grande novelliere" č appunto il titolo dell'incontro, svoltosi nell'auditorium della Fondazione di via Sant'Eufemia e presentato proprio dallo stesso Milana.
Pedullą tratteggia un Moravia uomo e scrittore: la sua č una lettura che parte dagli esordi del narratore, dagli autori che influenzano in modo pił o meno evidente la sua produzione, dall'analisi di un catalogo in cui «si manifesta chiaramente una naturale maturitą al racconto». Moravia novelliere dunque: "realista critico" come si definisce lui stesso in un racconto della produzione pił tarda, teorizzatore di un originale umanesimo. Dalla letteratura di viaggio alle commedie si consuma un'esistenza fatta di presenze ed assenze: esemplare a questo proposito il "travail" degli Indifferenti, la sua opera pił celebre forse, dapprima rifiutata (e pubblicata a spese dell'autore dalla casa editrice Alpes nel 1929) e poi protagonista di un successo mondiale.
Oblio e fama si intrecciano nella personalitą di uno scrittore che Pedullą non esita a definire assolutamente "implacabile": «Il centenario dello scorso anno (il narratore era infatti nato nel 1907, n.d.r.) non ha fatto miracoli - ha aggiunto il docente -, oggi Moravia non č molto popolare». Ed č strano se si pensa a quel vitalismo narrativo che pervade opere come La romana o La ciociara; se si guarda alla scrittura smagliante di chiara tradizione novecentista di "Agostino" o ad un altro romanzo breve come La disobbedienza.
Pedullą ne č convinto: «Il risultato artistico pił rilevante nella produzione di Moravia č quello che emerge nei racconti, liberi di quell'ideologia letteraria a volte un po' ripetitiva», sostiene. E subito passa all'uomo-Moravia perché «la vita reale lasciava una forte impronta sulla narrativa»: ecco allora il rapporto contrastato con Elsa Morante e le storie con Dacia Maraini («che diventa anche protagonista de La noia», rivela Pedullą) e Carmen Llera; ed ecco le figure femminili che forniscono le "matrici", dalla cortigiana alla Carla degli Indifferenti.
E naturalmente non manca l'accenno alla "polemica" che divise l'Italia di allora fra "moraviani" e "gaddiani": i primi sostenitori di uno stile letterario e lineare (quella che lo stesso Gadda definiva come «attitudine a far dimenticare l'imbratto del discorso, alleviando la pagina di ogni bagaglio verboso»), i secondi aperti alle contaminazioni di un "pastiche" ribollente e sanguigno.

Betty Paraboschi

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