Venerdì 5 Dicembre 2008 - Libertà
«Il capitalismo ha i secoli contati»
L'ex ministro alla Fondazione per la rassegna "Scrittori italiani contemporanei"
Giorgio Ruffolo parla del passato e del futuro dell'economia
Piacenza - La storia del capitalismo raccontata in una narrazione. In un momento in cui la crisi dilaga drammaticamente, Giorgio Ruffolo dichiara: «Il capitalismo ha i secoli contati». Si intitola infatti così la sua ultima fatica letteraria, edita da Einaudi e presentata da Eugenio Gazzola nell'auditorium della Fondazione di via Sant'Eufemia nell'ambito della rassegna Scrittori italiani contemporanei organizzata dalla Fondazione di Piacenza e Vigevano.
«E' un'organizzazione del mercato e dell'economia, ma ancora di più della società - ha esordito il presidente del Centro Europa Ricerche -, una forza storica mutante nel tempo che nonostante le difficoltà è ancora qui»: ed in effetti a dispetto dei suoi cinque secoli alle spalle e di quelle anticipazioni, quelle «prove d'orchestra che non sono giunte a maturazione», il capitalismo ancora non accenna al declino.
«Una storia affascinante che si può suddividere in fasi contraddistinte dall'egemonia di diversi paesi», ha spiegato Ruffolo. «Innanzitutto il capitalismo delle repubbliche marinare e dei grandi comuni italiani, in cui tuttavia non si costruiscono un mercato ed uno stato nazionali come invece succede in Spagna, in Portogallo, Olanda, Inghilterra ed America». Lo studioso tratteggia dunque uno scenario ricco in cui a dettare legge è più di un capitalismo: ecco allora l'imperialismo iberico che si distingue dalla Gran Bretagna mercantile e dall'industria Usa fino al più recente «turbocapitalismo ormai sull'orlo del declino», aggiunge Ruffolo.
Dal «capitalismo ben temperato» in cui lo stato si occupava della politica dei redditi, della regolazione fiscale e della domanda monetaria alla globalizzazione dei primi anni Settanta intesa come «libero movimento dei capitali»: matura così il tempo della crisi di un capitalismo sregolato ed ormai incapace di funzionare perché «la finanza domina sull'economia reale e la crescita capitalistica interferisce con i grandi equilibri ecologici». Ma dove è nata questa crisi? E soprattutto quali le strategie per debellarla? Ruffolo traccia la sua diagnosi: «malattia organica» la definisce ed offre una triplice risposta, una sorta di «concreta utopia» che tocca tutti i punti nodali dell'economia.
Dice: «E' necessaria una strategia di riequilibrio fra la crescita e l'assetto ambientale del sistema». Eppure non basta: bisogna anche affrontare «il problema dell'organizzazione del mondo, comprendere che l'economia è interdipendente e realizzare delle grandi istituzioni mondiali che sostituiscano Bretton Wods». E infine capire cosa si debba davvero intendere per economia: accumulare, crescere, consumare? «Certamente no», afferma chiaro Ruffolo, «è necessario suggerire un diverso sistema politico e nel contempo morale che risponderà al comandamento "cercherai di vivere meglio". Solo così si potrà risolvere il paradosso di un regno dell'incertezza che regge una potenza enorme».
Betty Paraboschi