Sabato 6 Dicembre 2008 - Libertà
«Incontrare la gente è far rivivere Enzo»
In Fondazione la figlia di Biagi, Mazzetti e Schiavi
Enzo Biagi sarebbe stato contento l'altra sera alla Fondazione di Piacenza e Vigevano per la serata che gli è stata dedicata. Perché ad ascoltare la figlia Bice e Loris Mazzetti, collaboratore di tanti programmi televisivi tra i quali Il fatto e curatore dell'antologia di una vita, Io c'ero (Rizzoli), c'era la gente comune, le persone che Biagi amava, il Belpaese, le donne e gli uomini che nella loro onestà e con la loro rettitudine morale, mandano avanti l'Italia, senza smargiassate e con dignità, pur nella difficoltà di una crisi impietosa. Questo è il pubblico che ha partecipato con grande interesse a una serata che è stata una lezione di vita. Interesse, attenzione e soprattutto partecipazione. Quella vera. Una parola tante volte buttata qui e là senza senso e con enfasi, stavolta più che mai calzante al clima che si respirava in sala: voglia di capire, di conoscere, di sapere e di comprendere i motivi dell'"editto bulgaro", vale a dire la cacciata di Biagi da parte di Berlusconi dalla tivù di Stato, dello stato di salute del sistema dell'informazione in Italia, del modo di fare giornalismo da parte di Biagi, e quando al tavolo dei relatori, coordinati da Mauro Molinaroli, si è aggiunto anche Giangiacomo Schiavi, l'impressione è stata quella di essere tra amici. Amici di una volta, che con lealtà e sincerità si raccontano le loro vicende, che sono poi i fatti un Paese.
«E' da un anno - ha detto la figlia Bice - che vado in giro per l'Italia a ricordare la figura di mio padre. Ma non è vanità. Sono le richieste di tanta gente che non hanno dimenticato gli articoli, i libri e i programmi televisivi di papà. Questa è una specie di missione, perché ricordo ancora le persone che lo avvicinavano in Galleria a Milano e gli dicevano di resistere, di tirare avanti, di non mollare. E lui lo ha fatto, con la sua professionalità e con il suo rigore, rigore che trasmetteva anche in casa. Non era vita allegra di bambine la nostra, ma una famiglia che era impostata sulle regole, sui valori morali che gli hanno fatto apprezzare uomini politici quali Pietro Nenni, persona verso la quale mio padre aveva una stima incondizionata, così com'era autentica l'amicizia con Giorgio Amendola. Li considerava due grandi uomini, due persone oneste in grado di guidare il Paese, così come apprezzava Nilde Jotti. Ma mio padre aveva una sorta di venerazione per la gente comune, quella stessa che ha comprato i suoi libri, che ha visto i suoi programmi televisivi e che - spesso - doveva tirare la cinghia».
Ma la curiosità verso Biagi è tanta davvero. L'epurazione dalla tivù di Stato, lui che nel 1961 è stato direttore del Tg a reti unificate e che ha contribuito a svecchiare il linguaggio televisivo più di ogni altro, ha caratterizzato gran parte della serata, con l'intervento e le domande di diversi presenti. «Berlusconi voleva Biagi ad ogni costo nelle sue reti, ma Enzo si negò sempre, non cadde mai nella tentazione di passare dalla parte del Cavaliere. Tenne la propria dignità - ha spiegato Loris Mazzetti - la sua storia professionale è un esempio per chi vuole intraprendere questo mestiere. E' stato un grande innovatore: quando ha lavorato a "Epoca" ha inventato la critica televisiva, le lettere al direttore; al "Resto del Carlino" ha dato vita al supplemento con i programmi tv; con "Il fatto" ha rivoluzionato il linguaggio televisivo. E' stato l'unico giornalista in grado di coniugare il linguaggio televisivo con quello scritto, cosa che non riuscì a gente del calibro di Bocca e Montanelli, due grandi del Novecento. Ha realizzato anche un record tutto suo: la politica lo ha fatto licenziare da ogni giornale che ha diretto. Poi con l'editto bulgaro fu messo nelle condizioni di lasciare la Rai».
Ma Biagi non ha avuto la solidarietà dei colleghi: «Negli Stati Uniti, l'"editto bulgaro", non sarebbe mai passato, sono certo che il sistema dell'informazione avrebbe reagito. Qui è diverso, qui c'è un forte conflitto d'interessi e i giornalisti anziché svolgere una funzione critica, assecondano i potenti d'Italia, le schiene dritte sono sempre più rare, e quelle poche, relegate a ruoli marginali, lontano dal giornalismo che conta. E così - purtroppo - non si va da nessuna parte, perché - come ha insegnato Biagi - la stampa e la televisione devono svolgere correttamente il loro dovere, con indipendenza e professionalità».
Aspetti questi evidenziati anche da Giangiacomo Schiavi, che a Enzo Biagi è stato vicino: «Dalla politica ha saputo farsi dare del lei». Un esempio e un peccato che l'altra sera non fossero in sala giovani o studenti, a parte qualche rara eccezione, avrebbero avuto modo di ascoltare una lezione di etica professionale, grazie a un grande che non c'è più ma che è nel cuore di tanta gente.
LINO LAMBRINI