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Martedì 11 Novembre 2008 - Libertà

«Faticoso avere due culture»

Giovedì "Donne delle religioni": parla Farian Sabahi

piacenza - La verità dovrebbe rendere liberi ma è frequente il caso in cui si vedono fatti e ragioni dalla serratura della propria coscienza occidentale: per aprire una porta, all'auditorium della Fondazione di Piacenza e Vigevano avranno luogo gli incontri conclusivi del ciclo Donne delle religioni, rassegna di successo organizzata dalla Provincia in collaborazione con il Comune di Piacenza, quello di Fiorenzuola, la Regione, la Fondazione e Telelibertà.
Giovedì, alle 17, l'auditorium ospiterà la scrittrice Fereshteh Sari e il teologo Youssef Eshkevari, introdotti al tema "Le donne della religione islamica" da Farian Sabahi, giornalista e docente alle Università di Torino e Roma. Venerdì 21, invece, ancora alle 17, Nacera Benali, giornalista del quotidiano algerino Al Watan, e Yasemin Taskin, del quotidiano turco Sabah, coordinate da Nicoletta Bracchi, parleranno di "Donne tra due culture".
I nomi corrispondono a personalità di spicco: un esempio è quello di Eshkevari, ricercatore e docente, parlamentare dopo la rivoluzione khomeinista e membro del clero sciita che ha detto "no" al velo.
La Sabahi, che ha tenuto corsi anche alla Bocconi e all'Università di Ginevra, collabora con vari giornali come Il Sole 24 ore ed è opinionista per il Tg1, ha risposto ad alcune domande in vista del suo ritorno a Piacenza, dove era già stata due anni fa per Carovane.
Madre italiana e padre iraniano: la sua biografia può essere considerata sintesi possibile di due culture? Sua madre come ha vissuto quest'incontro?
«Io vivo a Torino e sono originaria di Alessandria, Iran e Piemonte sono entrambi molto conservatori. Per me avere due culture è stato faticoso, la cultura iraniana ha avuto passaggi storici complessi per cui non è stata un'acquisizione immediata. La mia difficoltà più grande è stata nel desiderio di volere entrambe le culture, c'è chi sceglie per affrontare questa dicotomia ma non è il mio caso. Mia madre negli anni '60 non aveva i pregiudizi di oggi, anzi, l'Iran era sinonimo di esotico, suscitava ammirazione».
Se si digitano su un motore di ricerca i termini "donna" e "Islam" si aprono una moltitudine di siti che oscillano tra il buonismo e la demonizzazione di una questione sicuramente dibattuta… Come spiega opinioni così differenti tra loro?
«Penso che questa diversità e proliferazione di opinioni nasca essenzialmente da una scarsa conoscenza sull'argomento, da una visione parziale del problema. Il mondo musulmano è vasto, conta più di un miliardo di persone, ci sono stati fatti terribili ma anche esempi di apertura significativi».
Si trova a parlare di Islam con due categorie difficili: studenti e organi di stampa. Come vive queste relazioni?
«Anche se scrivere è divertente e stimolante, è meglio lavorare con i giovani, non censurano e hanno una sana curiosità».
Restando in tema di istruzione, nel suo ruolo di madre come giudica la recente proposta di legge di creare classi separate per immigrati?
«Come madre di un bambino di 5 anni, a rigor di logica credo sia necessario conoscere la lingua italiana per poter seguire le lezioni, sarebbe necessario potenziare gli asili in modo opportuno: la materna non dovrebbe essere un "parcheggio" ma una preparazione adeguata alle elementari, soprattutto nell'ultimo anno. Il problema dell'Italia è che è troppo autoreferenziale, si potrebbe guardare all'istruzione francese o a come l'Iran ha creato programmi di istruzione speciale per i nomadi. Certo lo sfondo politico di potenziale razzismo della proposta mi lascia un po' perplessa ma in sé può essere valida».
In uno dei suoi saggi, definisce l'identità dell'Europa come "inquieta": quali conseguenze ha questo fatto e quale contributo possono dare le donne per arginarne gli effetti?
«La conseguenza è il razzismo, la paura dell'Islam perché in Europa si è conosciuto solo lo stereotipo del musulmano povero. Le donne sono madri e i bambini sono veri motori del cambiamento. Un esempio: una mamma, da poco in Italia, si occupa talvolta di mio figlio in orari per me impegnativi; io porto suo figlio in piscina con il mio. Con la generosità dell'offerta e la disponibilità ad accogliere il dono si mostra ai figli in concreto ciò che potrebbe essere realizzato su vasta scala: la conoscenza e il dialogo».
Un dialogo vero e urgente.

Elisa Malacalza

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