Lunedì 13 Ottobre 2008 - Libertà
Studenti piacentini e giovani archeologi
un laboratorio
piacenza - L'ex chiesa di Santa Margherita in via Sant'Eufemia è un luogo sicuramente molto conosciuto ai piacentini per le periodiche presentazioni di libri, i cicli di conferenze e i convegni ospitati nell'auditorium ricavato nell'aula di quello che in passato era un edificio religioso.
Chi scende al piano inferiore, a livello della cripta medievale, può intuire come la storia di queste architetture affondi le sue radici molto più indietro nel tempo rispetto alle vestigia barocche che sopravvivono nell'ex chiesa.
Un passato che per i bambini e i ragazzi di quaranta classi delle scuole elementari e medie di città e provincia è diventato dallo scorso anno punto di accesso privilegiato agli affascinanti strumenti e alle metodologie della ricerca archeologica, grazie al laboratorio coordinato da Annamaria Carini, archeologa dei Musei civici di Palazzo Farnese, e tenuto dalla cooperativa Arti e pensieri, presieduta da Micaela Bertuzzi.
«L'esperienza ha raccolto molte adesioni, tanto che si è deciso di ripeterla» spiega Bertuzzi.
Il progetto, che ripartirà proprio questa mattina, è sostenuto dalla Fondazione di Piacenza e si svolge sia nel complesso di Santa Margherita, sia a Palazzo Farnese, per aiutare i giovani a familiarizzare con un concetto fondamentale: l'unità stratigrafica, attraverso una speciale scatola chiamata "archeobox", nella quale si leggono, su elementi sovrapponibili, la Piacenza dell'età del ferro (attraverso immagini e oggetti che rimandano all'insediamento forse di cultura etrusca scoperto di recente a Pontenure), quella romana (con testimonianze sui ritrovamenti del 1975, durante il restauro dell'auditorium della Fondazione), quella longobarda (con riferimento all'officina di un fabbro identificata nella Piana di San Martino di Pianello) e quella attuale.
Ma soprattutto è illuminante la visita diretta in Santa Margherita, «in cui è tuttora visibile una continuità insediativa che, dall'età romana, arriva fino ai nostri giorni».
Anna Anselmi