Domenica 24 Agosto 2008 - Libertà
Mazzacurati: «Un film per le minoranze»
Pubblico folto l'altra sera per "La giusta distanza"
Bobbio - Il delta del Po inghiottisce sensazioni e tumulti emotivi, imbevendosi dei toni lividi degli autogrill o delle risate sguaiate di una festa di paese: mentre il corpo di una giovane innocente affiora dall'acqua opalescente, si infittisce il gioco di rami e fronde che offusca la verità.
E il pubblico al Bobbio Film Festival si lascia catturare da questa avvincente storia di Carlo Mazzacurati, presente al Festival, tanto da gremire l'antico chiostro e da applaudirne l'ultimo suo film, La giusta distanza che cerca un bisturi emotivo per sezionare la metafora di un corpo esanime di un'Italia provinciale e approssimativa, quella del Nord Est per intenderci, enfatizzata più volte dalla stampa di destra e di sinistra (sono ancora categorie credibili?) senza riuscire a scavalcare le inevitabili difficoltà del difficile confronto etnico e all'integrazione razziale.
Mazzacurati si muove su un tema sociale e dà vita a una storia calcolata in ogni sua parte, che punta a destrutturare un genere per poi ricostruirlo. Ci riesce e dà vita motu proprio a un'opera di tutto rispetto.
«Questo film non è un giallo, anche se c'è un morto ed un'indagine, non è un film romantico anche se c'è una storia d'amore, - afferma - il film nasce da un episodio accidentale, da una microstoria vissuta. Non ho realizzato una commedia, anche se non mancano spunti che alleggeriscono la vicenda, La giusta distanza soprattutto ciò che non è. Ho voluto concentrarmi sulla narrazione, rettificando il tiro di una storia lineare in un clima di tensione che fa leva sui punti cardine della vicenda».
Prende corpo un "giallo sociale" come esemplificazione sintetica di un progetto cinematografico.
Mazzacurati sposa la causa della difesa delle minoranze e àncora la propria storia al consiglio del giornalista Bentivoglio («La giusta distanza è quella che un giornalista dovrebbe saper tenere tra sé e la notizia: non troppo lontano da sembrare indifferente, ma nemmeno troppo vicino, perché l'emozione, a volte, può abbagliare»): il risultato è un quadro suggestivo di un'Italia un po' spaurita, che ha bisogno di incasellare la realtà in compartimenti ben precisi.
Il pubblico apprezza questo omone che non nasconde la propria timidezza quando deve raccontare come è nato e come ha preso corpo il film.
In copertina anche i sindaci di Piacenza e Bobbio, Roberto Reggi e Roberto Pasquali con il presidente delal Fondazione di Piacenza e Vigevano, Giacomo Marazzi, sembrano prendere nota coi loro sguardi, di una società che è alla deriva, che non ha scampo, che cerca vie di fuga più che vie d'uscita. La serata corre via liscia come l'olio, ci sono gli applausi per Marco Bellocchio che finora non ha sbagliato un colpo e per il regista del delta padano, di storie raccapricciate in una terra lontana, Mazzacurati che con questo lavoro ha toccato i livelli delle sue migliori occasioni (Il toro, La lingua del santo, Notte italiana). Tra vite spiate e storie apparentemente improbabili che sono un affresco di un Paese, il nostro, che sembra non volere mettere la testa a posto.
Lino Lambrini