Martedì 10 Giugno 2008 - Libertà
Cattivelli: sguardi sul cinema mondiale
Esce il secondo libro curato da Molinaroli e Pareti
Dopo l'uscita nel 2006 del monumentale repertorio Al cinema con Cat. Giulio Cattivelli e i film italiani dal 1945 al 1994, ottimamente curato per l'editrice Berti da Mauro Molinaroli e Stefano Pareti, vede ora la luce la seconda parte, altrettanto monumentale, Al cinema con Cat 2. Giulio Cattivelli e i più bei film stranieri, con gli stessi curatori e con lo stesso editore.
Il libro verrà presentato stasera alle 21 all'auditorium della Fondazione di Piacenza e Vigevano, in via Sant'Eufemia, dagli stessi Molinaroli e Pareti. Interverranno il direttore di "Libertà" Gaetano Rizzuto e il critico cinematografico e scrittore Pino Farinotti.
Nel volume vi sono riunite appunto più di 300 recensioni di film stranieri, tutte pubblicate su "Libertà"; dagli anni Quaranta ai Novanta (Cattivelli è scomparso nel 1997), da Ivan il terribile di Eisenstein a Edoardo II di Derek Jarman, da Il grande dittatore di Charlie Chaplin a Film blu di Krystzof Kieslowski.
Vien fatto subito di chiedersi cosa giustifichi, a distanza di anni, la raccolta delle principali recensioni cinematografiche pubblicate nel secondo Novecento da un critico di provincia. Come dire: chi mai potrà essere interessato a una simile operazione? Su questo punto è facile rispondere: potranno essere interessati tutti coloro, e non sono pochi, che su "Libertà" aspettavano ansiosamente la recensione di Cattivelli a un determinato film, che era sempre una signora recensione, talmente lunga, a volte, da dover essere divisa in paragrafi (eppure godibilissima, grazie alla qualità della scrittura, che sapeva coniugare analisi rigorosa e humour). Capitava a molti di ritagliare l'articolo, quando si riferiva a un film particolarmente sentito, anche perché si sperimentava la gratificante sensazione che difficilmente si sarebbe potuto trovare di meglio, pur ricorrendo alle pagine del "Corriere" (lì il critico cinematografico era Giovanni Grazzini, e le sue recensioni erano riunite in volumetti della Laterza subito acquistati) o, quando poi apparve, di "Repubblica" (lì scriveva di cinema Tullio Kezich).
Dunque questo libro farà piacere ai molti che potranno rileggere quegli articoli memorabili, tra i migliori che allora si pubblicavano su "Libertà", ma potrà essere utilmente letto, studiato da tutti coloro che, anche oggi, indipendentemente da qualsiasi altra considerazione (per esempio dalla volontà di capire come si leggeva il cinema lungo i decenni del secondo Novecento), intendono consultare una guida a un determinato film, un po' più articolata rispetto alle schede che si trovano su repertori, peraltro anche ottimi, come quelli curati da Paolo Mereghetti e affini. Realmente, le recensioni che tempestivamente Cattivelli pubblicava su "Libertà" non avevano niente di provinciale; erano esemplari, veri e propri trattatelli che contemperavano la misura giornalistica e la necessità di affrontare in maniera equilibrata i vari aspetti di un film: gli aspetti linguistici, esposti senza le fumisterie critiche di rito, frequenti nel gergo cinematografico, ma anche quelli legati alle scelte registiche, alla conduzione degli attori, all'eventuale rapporto con il romanzo ispiratore, alla colonna sonora, alle eventuali disavventure della produzione e così via. Si veda come nella recensione dedicata al capolavoro di Kubrick Arancia meccanica, insieme alle considerazioni varie sulla bravura degli attori (quel Malcom McDowell le cui doti erano già state rivelate da If...) o sull'interesse del plot, derivato dal romanzo di Anthony Burgess) o sulla strepitosa colonna sonora, e così via, Cattivelli vada poi al cuore del problema, individuando il senso profondo del film nel pessimismo radicale del regista che si interroga «sui guasti e sulle contraddizioni di una civiltà tecnologica che volendo accelerare le tappe del progresso e rendere la vita più confortevole ha rinnegato la natura, spezzato ogni sorta di equilibri e di rapporti, bruciato valori secolari di cultura e di spiritualità, esaltato il benessere materiale, divinizzato la Macchina, che nella sua sostanziale violenza è diventata l'ideale modello dell'uomo del futuro, privo di sentimenti, di pensieri, di problemi morali e tuttavia bisognoso di affermare il proprio individualismo e di scaricare le energie represse in gesti di gratuità animalità» (p. 294).
Il fatto è che per Cattivelli parlare di cinema vuole dire non solo affrontare i temi e i problemi di un'arte, quella cinematografica, che ha le sue leggi da riconoscere, ma anche i temi e i problemi di una società, in una fase particolarmente critica della sua crescita (ammesso che di crescita si tratti). I film erano effettivamente, lungo i decenni del secondo Novecento, la registrazione di uno stato della morale personale e collettiva ma insieme erano un mezzo straordinariamente potente che incideva su quella morale (si pensi ai temi sessuali), dunque era necessario molto equilibrio nella valutazione: bisognava non lasciarsi sedurre dalle false liberazioni ma neanche arroccarsi su posizioni retrive. Due interviste a Cattivelli (la prima di Stefano Pareti, del 1963; la seconda di Guido Spaini del 1979), pubblicate in appendice, discutono anche questi temi, come l'influenza che il cinema può avere sui giovani, il cinema impegnato, il futuro del cinema italiano. Cattivelli si conferma anche qui (lui così alieno dalle teorie) un intellettuale libero, lucido, onesto, attento ai valori della cultura, in un campo - come quello cinematografico - in cui lo spettacolo spesso detta legge o almeno condiziona.
STEFANO FUGAZZA