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Domenica 11 Maggio 2008 - Libertà

Gli anni '70 tra intimità e canzoni

Sesenna ripercorre le suggestioni del libro di Molinaroli

Piacenza - Era gremito l'altra sera l'auditorium della Fondazione di Piacenza e Vigevano per il nuovo spettacolo di Maurizio Sesenna tratto dal libro di Mauro Molinaroli, Quando avevamo ragione. I miei anni Settanta. Un'ora e mezzo di canzoni intervallate da un video su quegli anni e la proposizione, con la lettura dei brani del libro e l'interpretazione di alcune tra le canzoni più suggestive di quegli anni, per regalare ai presenti ricordi ed emozioni. Sesenna è uno chansonnier nostrano che sa catturare con le sue interpretazioni e allora, quando interpreta brani come Generale di De Gregori o Vedrai vedrai di Tenco, hai l'impressione di ripiombare in atmosfere rarefatte che appartengono proprio a quegli anni Settanta che Molinaroli ha scritto con passione e sentimento.
Lo spettacolo corre sul filo della memoria, non ci sono maschere sul cuore, non ci sono finzioni di sorta, ma solo la voglia di trasmettere ai presenti brani mai dimenticati e, per una sera, inseriti in un contesto particolare. Alle letture si susseguono le canzoni. Mi manchi e Luci a San Siro di Vecchioni, quasi a dire che l'amore rappresenta la chiave di lettura più significativa dello spettacolo. E ancora, Porta romana, un omaggio a Gaber e al "Teatro canzone" di cui lo stesso cantautore milanese è stato creatore e protagonista; Emozioni di Battisti, Bocca di rosa di De André, quasi a significare che i cantautori sono stati la vera novità di quel periodo lontano, turbolento e ricco di novità; anni che hanno scritto la nostra storia, tra impegno politico e citazioni cantautorali. E nei monologhi scritti da Molinaroli e letti da Sesenna, emergono anche autori come Pasolini e Calvino, Pavese e Neruda.
Il pubblico ascolta e applaude. Lo spettacolo regge, il canovaccio, nella sua semplicità, sa rendere quegli anni con suggestione. Sesenna fa del suo meglio, si abbandona ai parlati e fa suoi brani scritti da altri. Con bravura.

Lino Lambrini

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