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Martedì 22 Aprile 2008 - Libertà

«Difendiamo il futuro del territorio»

Il dibattito
Gli aderenti al Fai lanciano l'allarme per alcune situazioni a rischio

I progetti idroelettrici sui torrenti delle alti valli del Trebbia e del Nure (contro i quali si sta battendo il comitato No tube), la sostituzione della piscina della Raffalda con due palazzi di otto piani, l'edificazione di una nuova piscina olimpionica al parco di Montecucco, la probabile cementificazione di gran parte delle aree militari, l'apertura della Pedemontana (o Pedecollinare), ma anche più in generale "la strage di alberi e arbusti, soprattutto in pianura", "l'espansione selvaggia o a vanvera della città e di molti paesi", lo sviluppo di zone industriali e artigianali giustificato come passaggio obbligato per conferire importanza a una località: sono queste le situazioni di allarme reale o, a oggi, per lo meno potenziale sulle quali sono stati chiamati a riflettere delegati e aderenti del Fai piacentino, nell'incontro ospitato alla Fondazione di Piacenza e Vigevano.
«Nella difesa del patrimonio artistico e del paesaggio a Piacenza e provincia, c'è un ruolo per il Fai?», si sono chiesti gli organizzatori, per far luce sugli obiettivi dell'attività del gruppo locale, che - ha richiamato il capo delegazione Domenico Ferrari - fa parte della «principale fondazione italiana senza scopo di lucro per l'educazione e l'istruzione della collettività alla tutela dell'ambiente e del patrimonio artistico e monumentale, nell'interesse di tutti coloro ai quali sta a cuore il patrimonio culturale e naturalistico italiano».
Nel corso della discussione è emersa l'attualità e l'urgenza di rispondere a un interrogativo che chiama in causa il futuro dei beni artistici, storici, archeologici e paesaggistici piacentini. Sotto attacco soprattutto questi ultimi, con una pianura già «parzialmente compromessa» e il progressivo «grave declino dell'edilizia rurale antica nell'intera provincia». Alle minacce di sempre, si sono aggiunti altri pericoli incombenti, come «la costruzione di un nuovo palazzo comunale nell'area ex-Unicem, la lottizzazione dell'ex polveriera di Rio Gandore (dove migliaia di piacentini auspicavano potesse nascere il Parco di Momeliano), piani edilizi nella zona di Tavernago, le testimonianze di archeologia industriale della Tevi di Pontedellolio».
Le discussioni hanno riguardato soprattutto le aree militari in via di dismissione, piazza Sant'Antonino («il Comune ha stanziato oltre un milione di euro, ma per realizzare cosa? Perché non chiarisce pubblicamente la natura dell'intervento?») e il Carmine («Siamo proprio sicuri che il destino migliore per una chiesa monumentale sia diventare sede di esposizione e vendita per salumi e formaggi?»).
Sulle ex caserme, il Fai sta elaborando insieme a Italia Nostra un comunicato che dovrebbe uscire in forma congiunta. «La nostra città - ha ribadito Ferrari - ha bisogno di verde e di aree a uso pubblico, non di ulteriori residenze private. Ringraziamo i militari per aver preservato questi spazi che altrimenti oggi sarebbero ridotti a selve di cemento, ma penso che andrebbero ora riscattati per il bene di tutti». A questo proposito c'è chi ha suggerito l'organizzazione a breve di riunioni con esperti, aperte all'intera cittadinanza, per conoscere meglio l'effettiva importanza di complessi come l'Arsenale, con le sue fortificazioni, la caserma Nicolai (nell'ex monastero benedettino di San Sisto) e l'ospedale militare. Chi fosse interessato all'attività del Fai, può contattare la segretaria Giovanna Caldani, tel. 0523.330811, e-mail: faipiacenza@virgilio.it.

ANNA ANSELMI

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