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Sabato 5 Aprile 2008 - Libertà

Carlo Rivolta fra i segreti del Paradiso dantesco, da applausi

Pubblico molto folto a Palazzo Galli per il primo incontro sulla Cantica curato dall'Università Cattolica

PIACENZA - Le sedie non sono state sufficienti, alcune persone sono rimaste in piedi: la Divina Commedia, scriveva De Sanctis, non è un concetto nuovo, né originale, né straordinario, sorto nel cervello di Dante e lanciato in mezzo a un mondo meravigliato. Anzi, il suo pregio è quello di essere il concetto di tutti, il pensiero che giaceva in fondo a tutte le forme letterarie.
Forse è questa la chiave del successo dell'apertura della rassegna organizzata dalla facoltà di Scienze della formazione della Cattolica di Piacenza con il sostegno, tra gli altri, della Fondazione di Piacenza e Vigevano: 8 incontri tutti i giovedì fino al 29 maggio, sul Paradiso, inaugurati ieri l'altro a Palazzo Galli (ingresso gratuito).
Il primo canto è stato analizzato con lodevole capacità di sintesi e chiarezza espositiva da Pierantonio Frare, docente di letteratura italiana, alla cui esposizione è seguita la lettura vibrante e coinvolgente di Carlo Rivolta.
Nessuno ha intuito come Dante la dialettica interna dell'eticità umana, la coesistenza, cioè, dell'incessante possibilità della perdizione e della salvezza. Questa esperienza umana bifronte segna il privilegio assoluto del libero arbitrio, dando voce sia all'esperienza individuale del Dante personaggio sia a quella dell'umanità nel suo complesso. L'impresa sovrumana raccontata nella terza Cantica è raccontare un'altra impresa sovrumana; da questo derivano la sostanziale ineffabilità della visione di Dio e l'amarezza del Dante autore che è consapevole di non riuscire e di non poter portare all'estrema potenzialità la sua lingua. Vuole evitare un atto di superbia, ha uno sguardo rassicurante rivolto al lettore che riconosce che quello che gli è capitato non è un suo merito o una sua scelta ma una grazia di Dio. Il tema non è tanto quello di un viaggio quanto quello del ritorno a Dio di un pellegrino in continuo movimento desiderante: quasi un odissiaco nostos come scelta costruttiva e motrice, esemplare di quanto il Paradiso dantesco non sia tanto la cantica della visione di Dio quanto l'espressione del desiderio della visione di Dio, continuamente soddisfatto e rimandato in un'alta tensione dinamica. Il luogo della quiete e della pace per eccellenza diventa avventura priva di un'immobilità di tipo estatico. La speranza non è orientata a spegnere un desiderio ma a conquistare un equilibrio dinamico. Il disio di Dante è modellato su quello di Beatrice, strumento salvifico mandato da Dio: è bello sentire che, ancora una volta, per fortuna, l'amore è all'origine di tutto.

Elisa Malacalza

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