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Martedì 4 Marzo 2008 - Libertà

Una Villeggiatura per perdenti

Zanoli parla del Goldoni che Servillo porterà il 10 e 11 al Municipale

PIACENZA - C'è un fil rouge che lega Toni Servillo a Eduardo De Filippo: a confermarlo è lo stesso interprete/regista de La trilogia della villeggiatura di Carlo Goldoni, spettacolo che sarà rappresentato il 10 e l'11 marzo all'interno della stagione di prosa del Municipale.
«Un maestro concertatore - si definisce Servillo -, uno che crede poco alla mistica delle prove e ben di più nell'incontro fra il testo, l'attore ed il pubblico».
È un'alchimia, quella espressa da Servillo, che affonda le sue radici in una tradizione molto radicata a Napoli, in un teatro "orizzontale" in cui il regista è innanzitutto un attore: ed allora spazio alla scena, alla finzione del palcoscenico, che Servillo calca nelle vesti dello scroccone Ferdinando, scelto perché «è quello che va a trovare tutti».
«È colui che vive alle spalle degli altri, ma non come parassita, bensì quale osservatore, commentatore divertito di ciò che accade».
A chiarirlo è ancora una volta Roberta Zanoli del Piccolo Teatro di Milano, nell'ambito di Effetto zoom. Incontri intorno alla visione di spettacoli della stagione di prosa per mettere a fuoco i segni del linguaggio teatrale, la rassegna organizzata da Teatro Gioco Vita con il sostegno della Fondazione di Piacenza e Vigevano all'interno del programma InFormazione teatrale.
E dopo il primo incontro dedicato alla drammaturgia eduardiana esemplificata nella "tarantella in tre atti" Le voci di dentro, la Zanoli ha rivolto la sua indagine verso la Trilogia della villeggiatura, rivista però dall'ottica di Servillo.
L'analisi, proposta ancora una volta al Ridotto del Teatro dei Filodrammatici, ha mosso i suoi passi dal testo goldoniano, «elaborato già dall'autore stesso come un'unica possibile rappresentazione, in cui la struttura delle tre commedie presenta il senso dell'attesa, dello sviluppo interno».
Non una soluzione arbitraria è dunque quella di Servillo, che condensa in uno spettacolo di un paio d'ore tre opere concepite in modo autonomo eppure intimamente legate: la trilogia secondo Servillo assume quindi il respiro del romanzo, in cui i personaggi sono i protagonisti delle vicende, ma anche di uno sviluppo psicologico che ne condiziona l'agire.
La trama è semplice: un carosello di combinazioni amorose alterate, rivelate anche dai colori dei costumi di Ortensia De Francesco, scelti in abbinamento o antitesi in base alle coppie; una protagonista confusa, Giacinta, combattuta tra una natura intimamente ribelle e la necessità di adeguarsi agli obblighi sociali che le impongono un fidanzato che sostanzialmente non ama; un padre liberale e le esigenze del "ben apparire", con una moda deus ex machina che muove le vicende e i personaggi.
Sullo sfondo è il fanatismo di una borghesia che cerca assurdamente di competere con la nobiltà, la società artefatta del Settecento rappresentata in una sorta di divertissement condotto con apparente leggerezza, che cela l'amarezza del riformatore Goldoni.
E Toni Servillo non dimentica l'autore: c'è una corrispondenza fra le scene di Carlo Sala ed i quadretti miniaturizzati ritratti anche dal pittore Pietro Longhi; il punto di partenza è Strehler, ma alla struttura cechoviana si sostituisce un allestimento che non assolve nessuno: neppure Giacinta, che da vittima dolente della società si trasforma in artefice responsabile del proprio destino per pigrizia.
Sono le attese e le delusioni, la follia e la sua negazione, le speranze ed i conflitti a danzare ostinati e malinconici nella Trilogia di Servillo, che vedrà accanto all'attore e regista un cast di notevole spessore con Anna Della Rosa, Paolo Graziosi, Giogio Morra, Eva Cambiale, il piacentino Tommaso Ragno, Andrea Renzi. E poi ancora: Francesco Paglino, Rocco Giordano, Salvatore Cantalupo, Chiara Baffi, Betti Pedrazzi, Gulia Pica, Marco D'Amore e Mariella Lo Sardo (luci di Pasquale Mari, suono di Daghi Rondanini ed aiuto regia Costanza Boccardi).

Betty Paraboschi

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