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Martedì 4 Marzo 2008 - Libertà

La democrazia: genesi e problemi

Terzo appuntamento della rassegna "Camminare tra le idee"
Il politologo Carlo Galli ne ha parlato agli studenti

Gerarchizzazione e stratificazione differenziata. «La nascita è un marchio». Sono inquietanti eppure tragicamente realistici gli orizzonti tracciati da Carlo Galli riguardo all'evoluzione della pratica politica: ad emergere è una democrazia obbligata a confrontarsi con un "ascensore sociale" fermo da vent'anni ed un'apatia crescente e convinta che la politica non cambi nulla.
Nessuno può astrarsi da questi scenari: le problematiche dello stato riguardano tutti i cittadini, ragazzi compresi, ed il nemico da combattere è anche una società frammentata in infinite corporazioni. E poi lontano dall'Italia, ma neppure troppo, ci sono le finte democrazie, quelle già morte e quelle che stanno ormai agonizzando, ma col sorriso sulle labbra e la musica di un concerto rock per festeggiare una vittoria già risaputa. Ed allora è forse sensato fermarsi a riflettere sul vero significato della democrazia, sulla storia e sui problemi che ancora la riguardano: a farsi guida della riflessione, condotta nell'auditorium della Fondazione di Piacenza e Vigevano, è stato proprio Carlo Galli, docente di Storia delle dottrine politiche all'ateneo di Bologna ed ospite della rassegna Camminare tra le idee organizzata dalla Società filosofica italiana Sezione Emilia Romagna in collaborazione con il liceo "Gioia" e la Fondazione.
Cos'è la democrazia oggi? «Una forma politica che deriva dal rapporto non alienato di costruzione e controllo da parte di soggetti singoli e collettivi della politica», ha risposto Galli prima di delineare l'obiettivo della democrazia: «il libero fiorire della soggettività attraverso la volontà dell'universale». Il politologo scompone, analizza, esamina senza temere le critiche: il suo occhio è lucido ed attento nel rievocare i precari tentativi di democrazie consiliari come i soviet, nel delineare il rapporto tra legge e sovranità popolare. Cita gli elementi strutturali della democrazia e ne traccia le origini, già da quell'Anonimo Ateniese del V secolo virulentemente antidemocratico: governo dei malvagi, della legge o delle classi medie, oppure spregevole forma politica dell'opinione, il mondo antico parla di democrazia come di un «governo di qualcuno contro un altro».
«E' un concetto inutile e distante eppure continuamente presente alla base delle rivoluzioni moderne», evidenzia Galli: è la libertà collettiva di un popolo in armi di cui parla Machiavelli ed a cui si oppone il razionalismo politico moderno. Un "fil rouge" unisce Hobbes e Locke, per cui un popolo disarmato pensa alla politica come costruzione di un ordine in cui vivere in pace: è un contratto che sancisce la libertà del singolo e nega il diritto di resistenza. Alla radice c'è l'uguaglianza nata dal cristianesimo riformato: è il "popolo dei giusti" di matrice calvinista che decide di auto-governarsi al di fuori del principio trono/altare dei tiranni europei.
Ma la democrazia è anche figlia dello sviluppo storico e deve quindi confrontarsi con l'instabilità del capitalismo: c'è Marx a dire che lo stato è la proiezione universale del conflitto fra particolari ed allora nascono i partiti. «L'obiettivo della democrazia non è più uguaglianza e libertà - afferma il politologo - ma la convivenza fra il tutto e le parti»: a dare una risposta ci pensano le dittature e, nel secondo dopoguerra, lo stato assistenziale, che trasforma in diritti le richieste sociali dei partiti. Ed ora? «Tutto ciò che conosciamo è democrazia - ha concluso Galli - ma bisogna ricordarsi che la democrazia è potentemente controfattuale: non è un obbligo, se non la si vuole, non c'è». Ed anche gli avvenimenti degli ultimi giorni, gli danno ragione.

BETTY PARABOSCHI

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