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Sabato 23 Febbraio 2008 - Libertà

Teresa, la modernità del silenzio

Auditorium della Fondazione - All'incontro (ore 16) verrà proiettato il reportage "Clausura", di cui fu protagonista la religiosa nata a Piacenza
La monaca piacentina oggi nell'affresco di Zavoli

Piacenza ha una figlia speciale, non l'unica per fortuna. Una figlia che, da dietro l'ombra pesante di una grata, mezzo secolo fa, instaurò un ponte di dialogo, di preghiera e di riflessione col mondo, tanto coi potenti che con i più anonimi cittadini. Suor Maria Teresa dell'Eucarestia è scomparsa a maggio del 2007, all'età di 89 anni, nell'Eremo della Trasfigurazione, a Spello, in Umbria, che lei aveva tenuto a battesimo nel 1971. Fu la monaca che, dal Carmelo di Bologna, scelsero per dar voce alla clausura, per la prima volta negli anni Cinquanta. Fu sempre lei a farsi attraversare da una nuova rivoluzione dell'anima, che la portò a sostituire - meglio, ad integrare - la contemplazione con l'aprirsi concretamente al prossimo. Autentico scandalo, perchè ruppe il silenzio e abbandonò la clausura (1964), fino a fondare un nuovo ordine, quello delle Piccole Sorelle di Maria. Dal suo eremo sulle colline umbre suor Teresa ha dispensato luce fino a maggio dello scorso anno.
Oggi all'Auditorium della Fondazione di Piacenza e Vigevano (ore 16) Piacenza ricorderà questa sua figlia speciale, con un convegno, organizzato dal Comune di Piacenza (assessorato alla Cultura) in collaborazione con l'Associazione Teologica, dal titolo "Dal Carmelo a una nuova forma di vita contemplativa". Come annunciato, è atteso all'incontro il giornalista e scrittore Sergio Zavoli, autore del celeberrimo documentario della Rai "Clausura", Premio Italia 1958. Con Zavoli suor Eliana, responsabile delle Piccole Sorelle di Maria dell'Eremo di Collepino di Spello, e don Gigi Bavagnoli, teologo piacentino.
Suor Maria Teresa dell'Eucarestia fu la prima suora di clausura a far sentire la sua voce dietro la grata dei voti, in quanto, nel 1950, i superiori la scelsero per sostenere un colloquio con un giornalista del settimanale "Oggi. Nel 1958, il grande Sergio Zavoli raccontò la sua storia e il suo nome con il documentario "Clausura", che si guadagnò il Premio Italia, e fu un reportage senza precedenti, che sollevò echi sorprendenti in tutta Italia e all'estero. Quel microfono, quell'intervista furono una breccia aperta nel muro dell'isolamento di clausura: madre Maria Teresa iniziò infatti un'attività epistolare fatta di appelli, richieste di preghiere, consigli, sfoghi dell'anima. A lei si rivolsero uomini delle istituzioni,politici, massoni, giornalisti, carcerati, persone semplici e sconosciute, o nomi noti, come il regista americano Cecil B.De Mille, il dottor Albert Schweitzer, il grande giornalista Mario Missiroli, che le inviò anche 20 rose rosse. «Era un'umanità ferita quella che chiedeva di essere ascoltata», ebbe modo di ripetere, e lei, come scrisse, non se la sentiva più di barricarsi dietro la protezione offerta dalla regola monastica: «Penso un tipo di vita contemplativa capace di donazione e di ascolto», le sue parole, rivoluzionarie e radicali, testimoni dello straordinario travaglio interiore che dovette accompagnarla nel passaggio fuori dalla clausura.
A questa monaca fuori dagli schemi la cella cominciò ad andare stretta perchè avvertiva forte l'imperativo di aiutare nella sofferenza. Ebbe il permesso di recarsi per cure a Pineta di Sortenna, quindi arrivò il commiato dalle sorelle e la partenza, "in un chiaro mattino di luglio con la certezza segreta e struggente di non ritornare", come si legge nel suo libro "No, non ho saltato il muro". Madre Maria Teresa iniziò un lungo viaggio di ricerca di un luogo da cui ricominciare - dall'Olanda a Gerusalemme - pellegrinaggio che alla fine la condusse sul monte Subasio, dove arrivò dopo una lunga parentesi di sofferenze ma anche di incoraggiamenti.
«Sul Subasio, davanti alla chiesina diroccata di san Silvestro, il mio passo si è fermato. Ho capito che lì, nel misticismo della terra umbra, il nuovo carisma avrebbe preso vita», disse. Lo avrebbe chiamato Eremo della Trasfigurazione perché come sul monte Tabor Cristo fu trasfigurato così chi arriva sul Subasio ne sarebbe disceso trasformato.

Simona Segalini

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