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Mercoledì 20 Febbraio 2008 - Libertà

Vignola, ballate d'amore

Stasera in Fondazione: da Tenco a Paoli e Bindi

PIACENZA - Si intitola La ballata dell'amore, come un'inedita canzone di Luigi Tenco, lo spettacolo che Adriano Vignola terrà stasera all'auditorium della Fondazione di Piacenza e Vigevano in via Sant'Eufemia. E, conoscendo le capacità evocative del protagonista, c'è da giurare che la generazione dei sessantenni non potrà fare a meno di ricordare cos'è stata la canzone d'autore, da quel mitico Volare di cui ricorrono nel 2008 i cinquant'anni, a Il cielo in una stanza, Sassi, Io che amo solo te, La ballata dell'amore perduto e chi più ne ha più ne metta.
Sì, perché quei brani interpretati e composti dai primi cantautori segnarono la nascita di una nuova forma di canzone, più vera, autentica, impegnata e legata ai bisogni dei giovani di allora, che con i loro problemi esistenziali pensavano di cambiare volto all'Italia che stava entrando nel boom economico. Canzoni che in quegli anni lasciarono di stucco i benpensanti e soprattutto coloro che erano legati alla tradizione, ma che, per la loro dirompenza, aprirono le porte a una stagione nuova della canzone popolare italiana. Il più era fatto, parlare d'amore come se si stesse scrivendo una poesia non era reato. Anzi, era il modo per manifestare la voglia di novità, il bisogno di affrancarsi e di uscire dagli stereotipi che avevano caratterizzato la musica italiana negli anni Cinquanta.
Niente più mamme, dunque, o piccole vagabonde, o colombe che volavano nel cielo. Ma, più semplicemente, alberi che diventano infiniti e sassi che il mare ha consumato. E anche frasi che richiamavano un amore inteso nella propria quotidianità, nella propria essenza.
«Ho voluto affrontare questo tema - spiega Adriano Vignola - per ricordare una stagione lontana ma ricca di grandi fermenti culturali. E la canzone fu un modo per uscire da certa cultura stereotipata che aveva caratterizzato il Dopoguerra e gli anni Cinquanta. Sono gli anni in cui la scuola genovese, rifacendosi a Jacques Brel e a Georges Brassens, con Umberto Bindi, Luigi Tenco, Gino Paoli e Bruno Lauzi. Accanto a loro, autori quali Piero Ciampi, Sergio Endrigo, Nanni Ricordi e Fabrizio De Andrè, il quale, però, stava percorrendo itinerari tutti suoi».
Vignola è entusiasta del proprio lavoro, ci crede, è convinto di aver messo insieme alcune belle canzoni. Tutto sommato, ha ragione, perché brani come Arrivederci di Bindi, Il poeta di Lauzi, Non arrossire e Le nostre serate di Giorgio Gaber appartengono al nostro ieri, è vero, ma ancora oggi hanno una potenza straordinaria: «Mi rivolgo soprattutto a chi c'era, ai tanti giovani che come me scoprirono in Tenco l'amore travagliato e a volte fallimentare, in Paoli l'amore totale e in Endrigo l'amore che si sposa con la quotidianità. Erano belle canzoni, e non è un caso che nel corso degli anni abbiano mantenuto intatto il loro fascino, anche quando il pop negli anni Sessanta e il rock nel decennio successivo provarono a spazzar via quell'amore che univa i primi sogni proibiti a versi che ancora oggi racchiudono intensità ed emozioni autentiche».

Mauro Molinaroli

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