Martedì 19 Febbraio 2008 - Libertà
Il filosofo Minazzi discute sul confronto tra scienza ed etica
Stamattina conferenza in Fondazione
La scienza non pensa? Ne era convinto Heidegger, ma non allo stesso modo sembra pensarla Fabio Minazzi, filosofo e storico della scienza all'università di Lecce e protagonista del secondo incontro della rassegna "Camminare tra le idee", organizzata dalla Società filosofica italiana Emilia Romagna in collaborazione con il liceo classico "Gioia" e la Fondazione di Piacenza e Vigevano.
Una scienza che invade l'etica? «Ma lo ha sempre fatto» reagisce alla provocazione il docente, che esporrà il suo intervento oggi all'auditorium della Fondazione di Piacenza e Vigevano, dalle 10 alle 12, «fin da quando nel Seicento si cercava di correggere i difetti di vista con i primi esemplari di occhiali. Non era un intervento contro la natura anche quello?».
L'epoca è paradossale: circondati, quasi assediati dalle tecnologie considerate ormai indispensabili eppure percepite come strumenti di alienazione. Non opportunità, ma oggetti per limitare la libertà dell'uomo: perché? Minazzi la definisce una «visione schizofrenica» generata da un paradosso: «Noi non attribuiamo valore culturale ed etico alle conoscenze scientifiche, che hanno ragioni ben recise, anche teoriche». E la società tratteggiata dal docente dell'università del Salento è effettivamente quella che quotidianamente vive la lacerazione fra una cultura umanistica che si rifugia nel sacro ed una scienza costretta ad assumersi le responsabilità umane del suo uso: una disciplina che è ben più plastica e complessa di quanto fosse considerata in passato, sia dai neopositivisti, ma anche da Popper. Ed ecco quindi giustificato il suo intervento, tutto incentrato su "L'immagine della scienza dal neopositivismo al falsificazionismo": un excursus storico sulla riflessione novecentesca intorno ad una disciplina considerata un modello assoluto da entrambe le posizioni filosofiche. Ma la questione è più complessa e Minazzi la mette in luce: verificazionisti e falsificazionisti credono in un solo metodo e le differenze fra loro non sono così sostanziali come lo stesso Popper ha affermato.
«E' necessario problematizzare un luogo comune alimentato già dal portavoce del falsificazionismo» ha precisato Minazzi, «comprendere ed analizzare a fondo i nodi di tale ambiguità».
Nessuno si salva dalla critica di colui che si definisce «un coerente neo-illuminista»: non la cultura, ma neppure l'etica, vecchia di secoli e necessariamente da adeguare alla modernità. A sopravvivere è solo un nesso, quello che lega la conoscenza e la libertà umana, perché «tre secoli di scienza moderna hanno modificato il mondo più di quattromila anni di cultura pre-scientifica»: a dirlo è Russell, ma a ricordarlo ancora oggi sono in pochi. Fra questi, uno è Fabio Minazzi.
BETTY PARABOSCHI