Sabato 16 Febbraio 2008 - Libertà
Sguardi su Medea-Callas: da Pasolini a Tursi
PRIMA IL FILM IN fONDAZIONE POI LA MOSTRA FOTOGRAFICA AL RIDOTTO DEL TEATRO
PIACENZA - Madre turpe e scellerata, donna offesa, moglie innamorata e dolorosamente tradita, ripudiata, ma mai dimenticata: è Medea, l'assassina e la vittima, la maga e l'innocente che si ribella con la più cruda delle vendette.
Ad incarnarla con un'interpretazione magistrale, indimenticata ed indimenticabile, è stata Maria Callas: prima a teatro, negli allestimenti scaligeri del 1953 e del 1961, ma anche su uno dei set più celebri, quello sceneggiato da Pier Paolo Pasolini nel 1969. Ed improvvisamente a prendere vita è una sensualità primigenia ed incorrotta, animalesca e pura sui fondali aridi di Turchia, Italia e Siria. È la contaminazione fra eros e sangue, violenza e passione distruttrice, sacralità collegiale e natura mitizzata ad emergere nel film: ma poi è soprattutto lei, la Divina per eccellenza ed il suo temperamento di arcaiche risonanze drammatiche a dare spasimo ed evidenza plastica ad una figura incomprensibile ed affascinante.
Maria Callas non c'è più: la sua assenza dura da oltre 30 anni, eppure le manifestazioni che la vedono protagonista si moltiplicano ed hanno successo. Anche Piacenza ha voluto celebrare il talento di un'interprete mai dimenticata: lo ha fatto con l'iniziativa Da Medea a Medea, approdata nella nostra città grazie al Comune ed alla Fondazione Toscanini. Dapprima una proiezione, quella dell'omonimo film di Pasolini, che pennellò la sua sceneggiatura proprio sulla personalità del soprano greco, e che è andata in scena all'auditorium della Fondazione di Piacenza e Vigevano; ed ecco gli scenari nudi ed arcaici della civiltà della Colchide, la fisicità immediata ed incorrotta che domina le azioni di Medea, l'assoluta lacerazione fra il mondo ieratico della maga e l'universo pragmatico e razionale di Giasone, il suo sposo. Evidenziata dai suoni stridenti di musiche tibetane e giapponesi, va in scena il dramma di Medea e forse in controluce anche quello della sua interprete: il dissidio interiore fra quello che Gian Carlo Ferretti, uno dei importanti critici di Pasolini, ha definito «intatta adolescenza e maturità dolorosa». E le suggestioni sono continuate, durante l'inaugurazione della mostra fotografica al Ridotto del Teatro Municipale (visitabile fino al 15 marzo, mercoledì e giovedì 10-13 e nelle sere degli spettacoli), che ha visto la partecipazione dell'assessore Paolo Dosi e di Luciana Dallari della Fondazione Toscanini (presenti anche alla proiezione del film), delle curatrici di Sky Classica Agata De Laurentiis e Joelle Williams e del fotografo Mario Tursi: ad essere protagonisti gli scatti di quest'ultimo, quelli del set del film, che eternano momenti quotidiani, consigli sussurrati ed amicizie consolidate («come quella fra Pasolini e la Callas, una bella accoppiata» evidenzia Tursi). Ma ci sono anche gli scatti che Erio Piccagliari fece durante gli allestimenti del 1953 e del 1961: ed ecco personalità come Franco Zeffirelli o Leonard Bernstein, di nuovo sorridenti ed entusiasti. Ma è soprattutto lei, eterna e splendida, ad incantare: è il fascino viscerale dell'immortalità di nome Callas.
Betty Paraboschi