Fondazione di Piacenza e Vigevano Stampa
  Rassegna Stampa
spazio
  Comunicati Stampa
spazio
  Eventi Auditorium Piacenza
spazio
  Eventi Auditorium Vigevano
spazio
  Comunicazione
spazio

 
Home Page     Rassegna Stampa   


Mercoledì 16 Gennaio 2008 - Libertà

Ricerca staminali, Piacenza cresce

Il decisivo contributo della Fondazione Piacenza e Vigevano ha dato un impulso al completamento del lavoro scientifico
Centro d'eccellenza contro i tumori del sangue

Consistenti progressi nella ricerca scientifica locale sulle cellule staminali sono stati ottenuti per mezzo della Fondazione di Piacenza e Vigevano. Con i finanziamenti dal 2003 al 2005 si è avuta una forte accelerazione della attività trapiantologica e della messa a punto di nuove procedure per la prevenzione e terapia precoce delle complicanze del trapianto. Il recentissimo finanziamento di 300.000 euro permetterà di ultimare le ricerche.
Il dottor Daniele Vallisa spiega i risultati ottenuti. «Le cellule staminali sono cellule che hanno due caratteristiche fondamentali: 1) la capacità di moltiplicarsi; 2) la capacità di differenziarsi in cellule diverse per morfologia e per funzioni. La loro esistenza a livello del midollo emopoietico, che è la fabbrica delle cellule del sangue, era stata postulata già da molti anni, tuttavia non si riusciva ad identificarle e ad isolarle».
Perché le cellule staminali hanno assunto una così importante rilevanza clinica?
«La risposta - spiega il dottor Vallisa - deriva soprattutto dalle esperienze nella cura dei tumori del sangue come la leucemia, i linfomi, i mielomi. Infatti molti pazienti affetti da leucemia possono raggiungere (in seguito alle cure come la chemioterapia, che ha l'obiettivo di eliminare le cellule neoplastiche, e la terapia di supporto che ha l'obiettivo di proteggere il paziente dalle infezioni, dalla mancanza di difese, di globuli ecc.), la remissione completa, che significa assenza di segni e sintomi della malattia. La remissione completa per molti pazienti significherà guarigione vera, ma per tanti altri no, in quanto la malattia tende a recidivare dopo mesi o anche dopo anni ed in questa situazione è molto più difficile poter guarire con le cure tradizionali».
Perché si verifica la ricaduta?
«Perché alcune cellule tumorali - risponde Vallisa - non sono state eliminate dalla chemioterapia precedentemente somministrata e riprendono a svilupparsi e ad invadere l'organismo determinandone la morte».
Che cosa si può fare per eliminare completamente queste cellule neoplastiche, in modo da evitare la ricaduta e guarire definitivamente il paziente?
«Si può aumentare di molto le dosi dei farmaci chemioterapici e/o delle radiazioni con lo scopo di eradicare completamente ogni traccia di malattia per quei tumori sensibili ai chemioterapici e/o alle radiazioni. Questa possibilità estremamente valida sul piano teorico si scontra però con l'effetto distruttivo sul midollo emopoietico (la fabbrica delle cellule del sangue) delle alte dosi di chemioterapici e/o di estese radiazioni».
Come superare questo ostacolo apparentemente insormontabile?
«L'ostacolo può essere superato mediante la somministrazione di cellule staminali ottenute da donatore compatibile (trapianto allo genico), o dal paziente stesso prelevate prima delle alte dosi dei chemioterapici (trapianto autologo). All'inizio di questa modalità di cura, non potendo identificare le cellule staminali, si prelevava al donatore circa 1 litro di sangue midollare mediante punture multiple a livello delle ossa del bacino (in anestesia generale). Questo sangue midollare contenente le cellule staminali veniva reinfuso nel ricevente dopo la chemioterapia ad alte dosi, che diretta contro il tumore, gli aveva però completamente eliminato il suo midollo emopoietico, tale midollo veniva rigenerato mediante il trapianto stesso».
«Successivamente - spiega Vallisa -, negli anni '90 si sono potute identificare le cellule staminali mediante proteine che si legano ad un recettore di superficie di queste cellule, e si è così potuto prelevarle anche dal sangue periferico mediante sofisticate metodiche che permettono una raccolta più selezionata e più purificata, tale da fornire poi un migliore attecchimento del trapianto».
Il paziente sottoposto a questo tipo di nuovo trapianto autologo e trapianto allogenico, deve essere ricoverato in ambiente sterile, camera "sterile", o a bassa carica microbica, in quanto nel periodo chiamato di "aplasia", cioè quella fase che intercorre fra la distruzione del suo midollo e l'attecchimento del nuovo midollo trapiantato, si trova senza alcuna difesa immunitaria e deve essere curato da personale medico ed infermieristico estremamente qualificato e motivato, in quanto in tali condizioni anche un microbo banale potrebbe essere fatale.
staminali a piacenza La storia del trapianto di midollo ematopoietico-cellule staminali a Piacenza inizia nel novembre 1999 quando viene praticato il primo trapianto autologo nella nostra città ad un paziente affetto da mieloma multiplo in fase avanzata. Tale trapianto fu reso possibile mediante l'acquisto da parte dell'associazione di volontariato "Associazione Piacentina per lo studio e la cura delle Leucemie" (APL) della prima camera sterile a flusso laminare (impiantata nel vecchio ospedale e poi trasferita nel nuovo).
Tale struttura era necessaria in quanto garantiva il paziente in fase di aplasia dal rischio infettivologico, particolarmente elevato in questo tipo di procedure. Da questo primo trapianto l'attività è andata intensificandosi ed allargandosi di anno in anno, così che nel 2003 il Centro di Piacenza è stato accreditato per l'attività di trapianto autologo presso l'EBMT (The European Group for Blood and Marrow Transplantation) principale ed unica istituzione europea che regola l'attività di trapianto di midollo in tutta l'Europa.
Tale accreditamento per l'attività di trapianto autologo, mediante verifiche periodiche, è poi stata confermata sino a tutt'oggi.
Altra tappa decisiva del Centro di Piacenza è l'esecuzione nel 2002 del primo trapianto allogenico nella nostra città, eseguito con successo in un paziente affetto da leucemia acuta. Nel trapianto allogenico il donatore di cellule staminali è un soggetto sano che può essere o non essere un familiare. Il trapianto allogenico è molto più complesso del trapianto autologo, in quanto vi è il grosso problema della doppia barriera immunologia. Nel trapianto di midollo allogenico, a differenza del trapianto di altro organo, al ricevente vengono trasferite le cellule immunocompetenti del donatore: ne consegue che oltre al rigetto esiste il problema particolare e molto impegnativo della "malattia da trapianto contro l'ospite", che viene chiamato in "gergo" GVHD (graft versus host disease); in questo caso sono le cellule staminali trapiantate che aggrediscono i tessuti del ricevente.
Affinché sia possibile un trapianto allogenico, tra donatore e ricevente deve esserci la massima compatibilità e cioè uguaglianza del sistema HLA tra donatore e ricevente. Il sistema HLA è un codice identificativo molto complesso e con molte variabili. Queste tante variabili rendono ragione della difficoltà a volte di trovare un soggetto donatore compatibile con il paziente ricevente.
trapianto allogenico Il trapianto allogenico per la sua complessità non viene attuato in tutti gli ospedali provinciali sul territorio nazionale, le difficoltà biologiche da superare, e la necessità di strutture e personale dedicati rendono questa procedura non alla portata di tutti.
Inoltre le implicazioni dietro ad un trapianto sono anche dal punto di vista etico molto forti: la possibilità di salvare in concreto una vita umana affetta da una terribile malattia. La vera beneficiaria finale di questa procedura è la popolazione che afferisce al Centro che esegue trapianti.
Il trapianto allogenico è considerato più complesso del trapianto di cuore e viene quantificato dalle Autorità Regolatorie con un costo pari a circa 100.000 euro, di poco inferiore risulta comunque il costo di un trapianto autologo: circa 70.000,00 euro.
Le indicazioni al trapianto sia allogenico che autologo sono: leucemie acute, mielomi e linfomi, mielodisplasie e mielofibrosi. L'intensificarsi dell'attività trapiantologica unitamente all'incremento nella complessità delle procedure adottate ha visto scendere in campo nel 2003 la Fondazione di Piacenza e Vigevano quale soggetto finanziatore di un progetto specifico di ricerca clinica sull'utilizzo delle cellule staminali-midollo osseo in oncoematologia.
l'impulso della fondazione La Fondazione di Piacenza e Vigevano ha finanziato il programma di ricerca clinica sull'utilizzo delle cellule staminali in Onco-Ematologia in accordo con la programmazione della Azienda USL di Piacenza, per gli anni 2003, 2004, 2005 con 200.000, 200.000 e 300.000 euro rispettivamente.
Il grosso impegno della Fondazione ha permesso una notevole spinta in avanti dell'attività trapiantologica nella nostra città. Infatti se a fine dicembre 2002 si era da poco eseguito il primo trapianto allogenico e 42 trapianti autologhi, a fine Dicembre 2007 sono stati eseguiti 157 trapianti di cui 21 trapianti allogenici e ben 136 trapianti autologhi.
Il finanziamento della Fondazione nell'ambito della ricerca clinica applicata ha consentito, non solo di approfondire ed esplorare nuovi campi sia per quanto riguarda le indicazioni sia per quanto riguarda le metodologie, ma anche di trovare nuove soluzioni per prevenire e per curare al meglio le complicanze infettive che rappresentano la principale causa di insuccesso nel trapianto delle cellule staminali.
Il finanziamento della ricerca ha permesso contratti per medici, tecnici e data manager impegnati nella selezione e cura dei pazienti sottoposti a trapianto, nell'isolamento delle cellule staminali da trapiantare e nelle procedure da seguire nei protocolli di ricerca.
Il finanziamento della Fondazione di Piacenza e Vigevano ha permesso inoltre come ricaduta collaterale la formazione della "cultura" della ricerca nelle cellule staminali presso l'Azienda USL di Piacenza, che vede capofila i reparti di Ematologia (responsabile: dottor Daniele Vallisa) per l'utilizzo pratico sui pazienti ed il Centro Trasfusionale (responsabile: dottor Agostino Rossi) per la raccolta, la manipolazione, la conservazione mediante criopreservazione anche per molti anni delle cellule staminali (referente dottoressa Cristina Arbasi).
La ricerca tuttavia continua ed il recentissimo contributo di 300 mila euro da parte della Fondazione di Piacenza e Vigevano, permetterà di ultimare i lavori di ricerca sul settore più propriamente ematologico nell'ambito di malattie quali linfomi, mielomi, leucemie e di esplorare settori più sperimentali quali l'utilizzo delle cellule staminali autologhe nella malattia neurologica sclerosi multipla, argomento su cui al Centro di Piacenza era già stata chiesta lo scorso anno una relazione su rivista nazionale. Inoltre nell'ambito della ricerca piacentina sulle cellule staminali deve essere ricordato l'importante contributo dato dallo studio CARDIAC che vede capofila la Cardiologia (Prof. Alessandro Cappucci, Dr. Massimo Piepoli) per lo studio delle cellule staminali nell'infarto miocardico.

C.L.

Torna all'elenco | Versione stampabile

spazio
spazio spazio spazio
spazio spazio spazio