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Domenica 30 Dicembre 2007 - Libertà

Piacenza: vita e tradizioni lungo il grande fiume nelle immagini di un secolo

"Il grande fiume, vita e tradizioni lungo il Po a Piacenza" è il titolo del volume curato da Carlo Francou dedicato alla mostra attualmente in corso al Museo civico di storia naturale. Il volume, edito da Editrice Berti in collaborazione con lo Studio&tre, contiene una corposa documentazione tratta per buona parte dall'Archivio fotografico Croce. Di seguito riportiamo il contributo dell'architetto Valeria Poli sul rapporto tra la città e il fiume.

Affrontare la storia della città di Piacenza attraverso il rapporto che, nel corso dei secoli, si è istituito con il fiume Po, vuole dire coinvolgere nella storia della città anche quella del suo territorio.
Già Alessandro Bolzoni (Piacenza 1546-1636), descrive così lo stretto legame tra la città e il suo territorio previlegiando il contributo fornito dal sistema idrico: "è Piacenza un sito amenissimo con monti, montagne, colli, boschi e fertilissime pianure e per l'aiuto delle acque della Trebbia e di altri fiumi che l'irrigano, ma molto più per l'industria degli abitatori quali si affaticano intorno in alcuni luoghi di montagna per causa delle miniere, da' quali si cavano ferro, rame, vetriolo, sale e altri prodotti di natura. Il Po famosissimo fiume vicino alla città per un mezzo miglio che le rende grandissimo comodo e non poco utile le apporta per la navigazione che comincia a Torino in Piemonte e si scarica con più bocche nel mare a Venezia, oltrechè dà un porto che è il principale e il più utile di tutti gli altri che sono sopra a detto fiume. Il cielo è poi benigno e atto a produrre, come fa di continuo, ingegni nobilissimi nelle lettere, nelle armi, e in ogni altre egregie ed eccellenti virtù, come s'è visto per il tempo passato e tuttavia si veggono". Lo stesso Bolzoni precisa che "la città et bonissima parte del territorio si servono dell'acqua della Trebbia per macinare, adaquare horti, prati et campagne et per tingere lane, sete e drappi... senza macinare, adaquare et tingere, danno grandissimo alla città, et territorio, che in tempo di adversità potrebbe essere cagione della perdita sua totale".
un complesso reticolo di rivi urbaniLa condotta artificiale delle acque di Trebbia, a partire dalla bocca di presa (attualmente a Case Buschi), prosegue fornendo acqua ai campi e ai mulini fino ad entrare nella città creando un complesso reticolo di rivi urbani ancora esistenti sotto le nostre strade. Si tratta di un sistema di rivi che, grazie alla lettura delle carte antiche della città, permettono di evidenziare come il loro andamento possa contribuire a fornire indicazioni relativamente ai successivi ampliamenti urbani.
Il modello insediativo di fondazione romana a maglia ortogonale, ancora leggibile attraverso la lettura morfologica delle ortofoto, è delimitato da rivi ad andamento regolare che costituiscono i fossati. Lo stretto rapporto tra andamento degli assi viari e sistema idrico permette, allo stesso modo, di ricostruire il modello insediativo di ampliamento, durante l'età medioevale, costituito da strade radiali e percorsi concentrici di collegamento.
Il reticolo idrico, in età moderna, confluisce in Po attraverso il Rifiuto e il Rifiutino, che costituiscono i due rami del fossato della città farnesiana, e attraverso la Fodesta attualmente trasformata in collettore fognario. La Fodesta, anticamente Fossa Augusta, era un canale navigabile che dal Po permetteva di entrare con le navi in città facendo quindi parte del sistema dei canali navigabili lombardi.
La ricostruzione della rete idrografica della zona a nord della città, tra XI e XIII secolo, testimonia un percorso della Fodesta parallelo al corso del Po nel tratto di fronte alla città confluendo nel Po a Cotrebbia (ovest) e a Sparavera (est), dove gli studiosi collocano due porti, mentre due approdi sono testimoniati sulla Fodesta di fronte a Porta Gariverta e sul Po in corrispondenza del prolungamento della via S. Bartolomeo e via Borghetto.
i due porti sul fiumeL'importanza dei due porti, che testimonia la posizione di crocevia della città, è documentata dalle concessioni imperiali, tra VIII e XIX secolo, rispettivamente ai monasteri di S. Giulia di Brescia e di S. Sisto a Piacenza. Non è un caso che, proprio in prossimità dei porti, siano documentati borghi produttivi (le fornaci nella zona di Borghetto e il quartiere dei barcaioli nella zona di Fodesta) e vengano organizzate le fiere come occasione di incontro internazionale.
La zona cresciuta sulla ripa fluviale settentrionale gravita, per tutto l'altomedioevo, intorno al complesso del monastero benedettino di S. Sisto che, fondato dall'imperatrice Angilberga nell'anno 852, ottiene la concessione della fiera, il 28 maggio 896, avvalendosi anche del controllo del porto sul Po di fronte a porta Borghetto. Non a caso, la fiera dei cambi, organizzata dal 1579 al 1621, è collocata nella zona di via S. Bartolomeo. Fiere dei Cambi sono anche quelle che, dal 1685, vengono organizzate nei pressi di palazzo Farnese (nell'area della attuale via Campo della Fiera) sfruttando il riordino della zona che è servita dal porto che, in età farnesiana, ha sostituito il precedente: si tratta dell'antico porto di Fodesta del quale il Comune di Piacenza, dal XII secolo, riesce a ottenere il controllo sottraendolo al monastero imperiale di S. Giulia di Brescia.
L'individuazione della posizione dei due porti permette di ricostruire come i due percorsi verso Milano, abbiano condizionato l'espansione urbana della zona nord: si tratta di quello verso porta Fodesta (attuale via Genocchi) e di quello verso porta Borghetto (attuale via Borghetto). I due porti, da immaginare come attracchi attrezzati, verranno, in età moderna, distinti tra la Darsena (a porta Fodesta) e il Bergantino (a porta Borghetto) serviti dai già citati Rifiuto e Rifiutino che costituiscono anche, fino al 1923, il confine comunale della città. Il limite urbano, infatti, è costituito dalle mura farnesiane e da questa limitata propaggine che rappresenta l'affaccio della città sul Po. Il rapporto tra la città e il fiume Po è determinato dal rapporto contraddittorio tra Piacenza e Milano. Se nella città medioevale l'interesse per il Po era per la posizione strategica a livello europeo, nella città visconteo-sforzesca (1313-1499) L'asse nord-sud delle cittadelle (S. Antonino, di Piazza e di Fodesta) è determinato dal rapporto privilegiato con la capitale rifiutato, durante il periodo farnesiano, quando prevale la direttrice verso l'altra città dello Stato (Parma).
i ponti uniscono emilia e lombardiaIn età postunitaria si enfatizza l'asse della direzione verso Milano attraverso l'apertura delle barriere daziarie, la realizzazione dei due ponti stabili sul Po (1865 ponte ferroviario, 1908 ponte stradale) in stretta relazione con il progetto di rettifilo della via Cavour-corso Vittorio Emanuele.
I progetti del Parco Fluviale, in esecuzione di quanto previsto nel PRG vigente, partono dall'esigenza di riaffermare il legame tra la città e il corso d'acqua che, nonostante dal 1815 (congresso di Vienna) rappresenti il confine tra due regioni, non è stato storicamente il confine del Ducato di Piacenza che, dal XIV secolo, passava nella zona di Fombio.
La ridefinizione dei confini, tra XIX e XX secolo, ha determinato la trasformazione della fascia del fiume, sul quale si affaccia la città, in asse dei servizi a partire dagli interventi sui colatori, sul sistema stradale e ferroviario sottolineando il ruolo di interscambio che favorisce gli insediamenti industriali (centrale Adamello, insediamenti del Consorzio Agrario a Molino degli Orti, Cementirossi in zona Capitolo) come previsto negli elaborati del Piano Regolatore degli anni '30. Limitate le strutture ricreative istituzionalizzate (canottieri Nino Bixio e Vittorino da Feltre) alle quali si affianca l'abitudine, documentata ancora agli inizi del XX secolo, dei piacentini di utilizzare l'isolotto Maggi e le sponde fluviali come villeggiatura.

VALERIA POLI

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