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Martedì 18 Dicembre 2007 - Libertà

"Passaggio a Piacenza", memoria del passato

Presentato il libro-strenna della Fondazione di Piacenza e Vigevano

E'soddisfatto il presidente della Fondazione di Piacenza Vigevano, Giacomo Marazzi. Soddisfatto per l'ottimo lavoro concluso da Stefano Pareti e da Eugenio Gazzola, che chiude un cerchio sugli sguardi dei viaggiatori nei confronti di Piacenza e presentato ieri mattina nel corso di una conferenza stampa.La Fondazione ha contribuito in modo determinante a che i curatori portassero a termine il secondo volume di Passaggio a Piacenza. Lo scorso anno Pareti e Gazzola diedero vita alla prima parte, quest'anno hanno avuto modo di portare a termine un'opera destinata a rimanere nel tempo. Sì, perché non è facile recuperare, con ricerche certosine, ciò che è stato scritto su questa città di confine, padana finché volete ma condizionata dalle asprezze liguri e dalla discrezione piemontese, dall'efficientismo lombardo e dal modello amministrativo emiliano.
Tanti hanno avuto modo di scrivere e di narrare questa città, difficile mettere insieme tutti. Pareti e Gazzola ci sono riusciti, va loro un merito indiscusso, sottolineato da Giacomo Marazzi: «E' la nostra strenna - afferma - ne sono orgoglioso, i curatori dell'opera hanno realizzato un lavoro che è destinato a rimanere nel tempo. Penso ai tanti giornalisti e scrittori che nel corso del Novecento hanno descritto Piacenza, ho apprezzato la bella intervista allo stilista Giorgio Armani, i riferimenti ai Quaderni Piacentini, al mondo della rivista nel Dopoguerra e poi i cantanti, gli attori di fama nazionale che hanno attraversato questa città. Credo che il 20 dicembre alle 17.30, in occasione degli auguri della Fondazione, i presenti saranno orgogliosi di questo libro».
Stefano Pareti, che in questi ultimi anni ha dato sfogo alla propria propensione per la ricerca d'archivio con meticolosità certosina (e non è piaggeria dettata dall'amicizia che lega da più di venticinque anni chi scrive all'ex sindaco), nel corso della presentazione ha affermato che «nulla è più inedito di ciò che è stato edito» aggiungendo che «è un dovere di una comunità conservare la memoria e il passato, perché il forestiero può anche disturbare, coi suoi occhi vede ciò che noi non siamo in grado di osservare, chiusi nelle nostre convinzioni e nelle nostre certezze o pseudo tali».
Ha citato un brano de La tempesta di Shakespeare: "Quelle dei viaggiatori non furono mai frottole, anche se qualche pazzo sedentario non è disposto a crederele". Come dire: leggere ciò che gli altri scrivono di noi, può essere utile per capire i nostri difetti e per aprirci all'esterno. Il contrario del concetto di piacentinità ripiegata su se stessa. Ha poi fatto cenno alla polemica tra Paolo Monelli e l'allora sindaco Alberto Spigaroli, quando nei primi anni Sessanta piazza Cavalli, durante la costruzione del Terzo lotto, fu occupata da tante casette che erano poi i negozi che avrebbero preso posto nel palazzo.
Eugenio Gazzola ha invece sottolineato che da Strabone a Paolo Rumiz, intercorrono duemila anni e forse più, ma il primo scrive di un accampamento denominato Piacenza attorno al quale ruotano realtà più importanti. «Perché i territori di confine - ha detto - più che essere un punto di riferimento in quanto tali, sono, indirettamente, l'espressione delle realtà che li circondano». E poi ha aggiunto che, a differenza del primo volume, sono stati inseriti nello stesso capitolo i narratori e i giornalisti, «perché il giornalismo è spesso letteratura, quando gli inviati hanno la bravura di tradurre ciò che scrivono in pagine di letteratura». E infine un riferimento ai cosiddetti "invitati", coloro che per varie ragioni hanno fatto tappa a Piacenza: da Marinetti a Moravia a Celentano.
E se è vero che la mamma di Frank Sinatra ha ascendenze piacentine, è altrettanto vero che Ernst Hemingway non hai mai scritto che la Valtrebbia è une delle vallate più belle del mondo. Forse l'ha detto nel 1944 quando, da Piacenza raggiunse Genova, passando per Bobbio, Ottone e Torriglia, ma questa è un'altra storia.

MAURO MOLINAROLI

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