Venerdì 7 Dicembre 2007 - Libertà
«Palazzo Nasalli: un bell'esempio
di decoro urbano»
L'architetto Marcello Spigaroli
Oggi alle 17.30 all'auditorium della Fondazione di Piacenza e Vigevano verrà consegnato il Premio "Piero Gazzola" per il restauro dei palazzi piacentini, promosso dalla delegazione di Piacenza dell'Associazione dimore storiche italiane (guidata da Carlo Emanuele Manfredi), dall'Associazione palazzi storici piacentini (presieduta da Marco Horak) e dalla delegazione piacentina del Fai - Fondo per l'ambiente italiano (con a capo Domenico Ferrari). A tutti gli intervenuti verrà distribuita copia di un opuscolo sulla storia del palazzo e il suo restauro. La Fondazione di Piacenza e Vigevano ha contribuito direttamente a sostenere l'iniziativa, il cui scopo è, da una parte, ricordare la figura del restauratore piacentino Piero Gazzola (1909-1979); dall'altra, portare all'attenzione della comunità interventi esemplari di restauro.
Per la seconda edizione la scelta è caduta su Palazzo Ghizzoni Nasalli, di proprietà della famiglia Nasalli Rocca. Il progetto di recupero della facciata e dell'androne, compresi i loro elementi lapidei, è stato diretto da Marcello Spigaroli. L'architetto piacentino, che si è occupato del restauro di vari palazzi in città (Marazzani, Mulazzani, Casati, Mandelli), ville (Braghieri a Castelsangiovanni, Peyrano ad Albarola, Anguissola Scotti a Rivergaro), castelli (Bastardina, San Giorgio, Niviano e Sarmato) e del Teatro Verdi di Fiorenzuola, si è detto particolarmente soddisfatto per il riconoscimento ricevuto proprio per l'intervento sull'edificio di vicolo Serafini. «Questo palazzo è un piccolo riassunto della cura, dell'attenzione sapiente a quei principi del decoro architettonico e soprattutto urbano che improntano un po' tutta la produzione dell'architettura civile del '600, del '700 e del primo '800».
L'edificio, ricostruito da Giuseppe Pavesi nel 1839, è un esempio di classicismo della Restaurazione, ma insieme ai connotati stilistici Spigaroli invita a osservare «la dimensione del palazzo come fatto urbano, come quinta di uno spazio pubblico, del quale la facciata diventa un fronte scena, dando vita a un rincorrersi di rimandi ottici quasi infiniti», nella sequenza portone, androne, cortile, che dà accesso al giardino (con la serra) e allo scalone, dal quale si sale al piano nobile, fino all'architettura virtuale dipinta nei trompe l'oeil.
Il restauro ha riproposto la cromia originale dell'edificio, scoperta grazie ad analisi stratigrafiche e raffronti documentari. «Il colore si è confermato come una componente strutturale dell'immagine architettonica, specie a scala urbana. Il mio auspicio è che si proceda quanto prima a elaborare un piano del colore, recuperando così i valori che concorrono a determinare quella qualità irrinunciabile per una città che si consideri, a giusto titolo, città d'arte».
An.Ans.