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Venerdì 3 Dicembre 2004 - Libertà

Toscani, comunicatore d'immagine

Testimoni del tempo - Folto pubblico all'incontro di ieri sera all'auditorium della Fondazione. Il fotografo ha mostrato scatti provocatori con intelligenza

"Professione fotografo", così si intitolava l'incontro di ieri sera di Testimoni del Tempo con Oliviero Toscani, uno dei fotografi più famosi del mondo, creatore, in particolare con le provocatorie campagne pubblicitarie prodotte per Benetton, di un nuovo modo di fare comunicazione. Salutato dall'assessore alla Cultura del Comune Alberto Squeri, che ha presentato l'ospite di ieri sera come "un grande professionista, ma anche un grande uomo, che è riuscito a unire un'enorme capacità professionale a un grande impegno civile", e da Eugenio Gazzola, curatore degli incontri di Testimoni del Tempo, come colui il quale con la sua opera ha segnato un cambiamento epocale nella forma della comunicazione e nella forma dell'immagine, Toscani ha affrontato la serata lasciando parlare, in suo nome, le sue fotografie. L'ospite, infatti, ha mostrato al folto pubblico venuto ad incontrarlo ieri sera a Piacenza una scelta di immagini da lui create in 40 anni di professione, attraverso le quali ha raccontato la sua storia e 40 anni di storia della nostra società. Dalle prime fotografie scattate per importanti riviste americane, nelle quali per la prima volta l'alta moda veniva ritratta per strada, alle prime campagne pubblicitarie in cui per modelli venivano presi ragazzi in giro per la città, Toscani è arrivato così a un'immagine che ha segnato una svolta fondamentale nella sua professione e nella storia della comunicazione in Italia e nel mondo, ovvero la famosissima pubblicità dei jeans Jesus, che ritraeva il sedere della modella Donna Jordan in succinti short sul quale campeggiava lo slogan "Chi mi ama mi segua". "Quella pubblicità - ha spiegato ieri sera Toscani - provocò un enorme scandalo in Italia. Di fronte a quella reazione capii che si poteva fare di più". E così ha fatto. Con diverse campagne pubblicitarie e servizi giornalistici e, soprattutto, con le immagini con le quali per 18 anni il grande fotografo milanese ha reso famosa nel mondo la United Colors of Benetton. E così sullo schermo ieri sera sono scorse alcune tra le provocatorie fotografie che Toscani ha realizzato per l'azienda tessile veneta, come quelle sul lavoro minorile, sulla pena di morte, sull'inquinamento, sulla tragedia dell'Aids, sulle guerre, sull'immigrazione e sulla mafia, attraverso le quali ha dimostrato che la pubblicità può essere veicolo di informazione e non solo di persuasione e che non c'è differenza tra una fotografia pensata per la pubblicità e una fotografia pensata per un reportage giornalistico. Al contrario, ha aggiunto l'ospite, "per capire le tragedie del nostro tempo forse dobbiamo proprio guardare le immagini della pubblicità". A proposito ancora del suo rapporto di lavoro con Benetton, terminato proprio anche a causa di una delle più toccanti campagne pubblicitarie da lui ideate per l'azienda, quella contro la pena di morte negli Usa intitolata "We on death row", Toscani ha detto infine ieri sera che "il grande problema nella sua professione è lo scontro che si crea tra la passione per la libertà della creatività e il potere delle aziende. "In un mondo in cui il marketing sta dando vita a una cultura sempre più piatta e ripetitiva, in cui l'umanità è considerata come una massa di consumatori, in cui prodotti spazzatura e immagini oscene ci stanno inquinando la vita, un artista che si aggrappa alle ragioni della propria sensibilità rischia di passare da narciso, da isterico o da presuntuoso", ha detto Toscani, il cui lavoro dimostra invece ogni giorno a tutti noi che chi non si lascia intimorire dal potere rappresenta una grande ricchezza per la società.

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