Mercoledì 1 Dicembre 2004 - Libertà
"L'immagine più vera della verità"
Intervista al celebre fotografo che domani sarà ospite della rassegna Testimoni del Tempo. Oliviero Toscani e l'importanza di media e pubblicità
Conosciuto internazionalmente come la forza creativa dietro i più famosi giornali e marchi del mondo e fotografo cresciuto sul campo, il suo lavoro è apparso sulle pagine dei più importanti magazine internazionali. Dal 1982 al 2000 ha fatto della Benetton uno dei marchi più conosciuti al mondo. Nel 1990 ha creato Colors, il primo magazine globale al mondo, e nel 1993 Fabrica, scuola internazionale d'arte e comunicazione. I suoi lavori sono stati esposti alla Biennale di Venezia e di Sao Paolo e alla Triennale di Milano e in numerosi importanti musei nel mondo, ottenendo diversi premi. Consulente creativo di Talk Miramax a New York, dopo oltre 30 anni di innovazione editoriale, pubblicità, film e televisione, ora si interessa di creatività della comunicazione applicata ai vari new media. E' Oliviero Toscani, prossimo ospite di Testimoni del Tempo.
In attesa di incontrarlo alle 21 di domani all'auditorium della Fondazione di Piacenza e Vigevano, gli abbiamo rivolto alcune domande.
Nel mondo della comunicazione, che ruolo ha l'immagine e che compito ha un fotografo?
"L'immagine ormai è diventata più vera della verità, o meglio, l'immagine è diventata la realtà. Non si crede più a ciò che esiste: si crede alle immagini. La gente oggi non rimane scioccata per un articolo, ma per le immagini, perché è con l'immagine e non con la scrittura che viene ingaggiata la responsabilità dell'individuo. Il fotografo dunque è il documentatore della realtà attraverso le immagini che produce. L'immagine è la memoria storica dell'umanità moderna, tanto che è da quando esiste la fotografia, cioè dalla seconda guerra mondiale, che abbiamo scoperto la paura, il nazismo, le violenze".
Questo significa che diffondendo informazione e conoscenza, l'arma mediatica potrebbe arrivare a sostituire le armi belliche?
"Lo ha già fatto: la guerra ormai si fa con i media, con la comunicazione e non con le armi, si fa con la televisione e non con le bombe atomiche".
Dunque si potrebbe fare anche la pace, con la televisione e con i media...
"Si potrebbe, ma non si fa, perché non paga, non produce pubblicità".
Lei ha dimostrato, con il suo lavoro, che la pubblicità può essere veicolo di informazione e non solo di persuasione. Quanto è seguito oggi questo proposito?
"La pubblicità oggi è tutto... anche il telegiornale è pubblicità + potere. La comunicazione è sempre al servizio di un potere, è pubblicità o della Chiesa, o della politica o delle aziende. E' esattamante la stessa cosa: la pubblicità serve sempre a vendere qualcosa, o a imporre qualcosa, a imporre un potere".
La sua campagna pubblicitaria per la Benetton in cui ha ritratto i volti di alcuni condannati a morte negli Stati Uniti ha segnato la fine dei suoi rapporti lavorativi con l'azienda tessile veneta, ma non la fine del suo impegno contro la pena di morte. Lei infatti fa parte del direttivo di Nessuno Tocchi Caino, l'associazione che si batte per l'abolizione della pena capitale nel mondo. Come prosegue questo suo coinvolgimento?
"Continuiamo a lavorare insieme, con mostre e altre iniziative. Il 13 dicembre, per esempio, inaugureremo a Londra la mostra "We on death row", che sarà l'occasione per presentare in Gran Bretagna la campagna di Nessuno Tocchi Caino per la moratoria della pena di morte nel mondo in vista della presidenza inglese dell'Unione Europea nel secondo semestre del 2005. E poi c'è la mostra sulla repressione a Cuba, inaugurata ora a Torino, e ancora lo spot andato in onda in questi giorni sulla Rai ... Per quanto riguarda la fine dei miei rapporti di lavoro con la Benetton, è successo che ho capito che alle grandi aziende non gliene frega niente dei diritti umani. L'azienda deve solamente produrre profitto, di fronte al profitto si perdono di vista i diritti umani e i diritti civili, che vengono lasciati alle Ong e ai singoli individui".
A proposito di comunicazione diversa, della quale è un maestro, lei sta dirigendo il progetto "La Sterpaia", laboratorio della creatività in realizzazione nelle scuderie di San Rossore. Ci vuole parlare di questo centro e delle sue finalità?
"Si tratta del progetto iniziato in Benetton con il nome di Fabrica. E' un centro di ricerca e di comunicazione fatta con i nuovi media (ossia con la fotografia, la grafica, il design, l'architettura, la musica) aperto a giovani sotto i 24 anni con talento, che faranno ricerca nella comunicazione. Perché è giusto che si faccia ricerca non solo nella scienza e nella medicina, ma anche nel campo dei linguaggi della comunicazione, perché la comunicazione è diventata una materia veramente importante. Ormai non ci capiamo più, perché il linguaggio è invecchiato: il mondo sta cambiando, ma il linguaggio è sempre uguale".