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Giovedì 10 Febbraio 2005 - Libertà

"L'Islam deve affrontare la modernità"

Intervista a Paolo Branca, docente di lingua araba all'Università Cattolica di Milano. Tra mussulmani e occidentali ci può essere un incontro

Prosegue questa sera alle 21, alla Casa madre dei Padri Scalabriniani, in via Torta 14, "Un'idea di Europa", ciclo di incontri intercollegiale promosso dal Comune di Piacenza e dalla Fondazione di Piacenza e Vigevano. Ospite dell'appuntamento di oggi sarà il professore Paolo Branca, con la conferenza dal titolo "Islam ed Occidente: scontro di civiltà?".
Docente di lingua araba all'Università Cattolica di Milano e autore di "Moschee inquiete" (Il Mulino), Branca è uno dei maggiori esperti nazionali di cultura musulmana. In attesa dell'incontro di questa sera, gli abbiamo rivolto alcune domande.
Lei è islamista e docente di lingua araba all'Università: una professione quanto mai attuale...
"Sì, in effetti quando mi sono laureato, all'inizio degli anni '80, c'erano già questioni legate al Medio Oriente, al petrolio e all'immigrazione, poi però la situazione si è evoluta in modo esponenziale e l'interesse su questi temi è molto cresciuto, specialmente in Italia, che prima era un paese poco attento e poco coinvolto in queste cose".
Che cosa l'ha portata a specializzarsi nello studio della cultura musulmana?
"All'inizio mi sono avvicinato con un atteggiamento di curiosità verso le culture dell'Oriente e in particolare verso questa, che era quella più prossima a noi da un punto di vista geografico e culturale. Poi, andando avanti, mi sono trovato sempre più coinvolto. E devo dire che è stata una scelta felice".
Quanto sappiamo davvero dell'Islam in Occidente?
"Purtroppo molto poco. L'Islam è un mondo enorme, molto variegato e pluralistico al suo interno. Il fatto che noi lo identifichiamo con il mondo arabo da una parte è inevitabile, perché, anche per un principio di economia, si semplifica la realtà nel percepirla, ma in realtà l'ottanta per cento dei musulmani non sono arabi. Stiamo parlando di un miliardo e trecentomilioni di persone, di una civiltà che ha quattordici secoli di storia... quindi appiattirla sulle percezioni che ci vengono dalla cronaca, per quanto tragica, di questi ultimi anni ci fa perdere molto".
A proposito di Islam e Occidente, si parla sempre di "scontro" di civiltà... lei pensa invece che ci sia lo spazio per un "incontro" di civiltà?
"Soprattutto ci deve essere la volontà che le opportunità date dalla globalizzazione, da un mondo che si sta facendo sempre più piccolo, siano vissute nella chiave dell'incontro, il che non vuol dire che non ci siano anche tensioni e conflittualità. La diversità significa anche attrito talvolta, però appiattirsi completamente su questa visione dello scontro come se fosse un destino ineluttabile, che enfatizza da entrambe le parti soltanto gli aspetti peggiori, penso che oltre che ingiusto sia anche molto poco conveniente".
Lo scontro si basa soprattutto sull'identificazione dell'Islam con il fondamentalismo e l'intolleranza. A proposito di questo, lei cosa pensa?
"Penso che è indubbio che nel mondo islamico negli ultimi decenni ci sia una deriva verso posizioni intransigenti da questo punto di vista, però sarebbe un grave errore pensare che questo sia l'unico modo di esprimersi di questa civiltà, che nel corso del tempo ha dato anche altre prove di sé. Anche perché i veri fondamentalisti sono una minoranza, mentre la maggioranza dei musulmani sono essenzialmente moderati. Ovviamente devono imparare a vivere in un mondo plurale e ad affrontare le sfide della modernità, cosa che noi abbiamo maturato con una lenta evoluzione, che non si può pretendere che gli altri possano gestire e "digerire" troppo in fretta".
Sfide alle quali anche noi non sembriamo essere del tutto pronti, viste le diverse reazioni al fenomeno dell'immigrazione a cui stiamo assistendo nel nostro paese...
"Sì, io credo che questa sia una sorta di banco di prova, nel senso che quello che prevale sono o le demonizzazioni da parte di alcuni o addirittura la calata di braghe da parte di altri, come abbiamo visto per esempio con la questione dei presepi nelle scuole. La maniera in cui gestiremo questa cosa rivelerà anche la nostra maturità, la nostra capacità di trarre il meglio, quindi penso che valga la pena di rifletterci insieme, per evitare che tutto si riduca a quella polemica sterile che purtroppo spesso i mass-media tendono a creare".

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